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30 novembre 2012

Dal koan della strada alla strada del koan (End of the World Economy - Cap. 10)

[Segue da Cap. 9]
Il koan inserito nel post di ieri è stato ispirato solo da una scena del film "The Road" e da un haiku (un tipo di componimento poetico nato in Giappone, composto da tre versi) inviatomi da un'amica. L'ho scritto di getto, senza cercare forzatamente un senso compiuto o una morale.
Proprio perché doveva essere un koan: una storia aperta ad una molteplicità di interpretazioni, o meglio, una strada per aprire la mente ad una pluralità di intuizioni.

Tuttavia, noi occidentali abbiamo una forma mentis non allenata alla meditazione tramite i koan. Per questo la strada di oggi, verso la comprensione del perché un Manuale di Economia della Fine del Mondo dovrebbe contenere dubbi continui sulla sua utilità, passa attraverso una riflessione che è sia razionale, sia "di cuore".

Un grande economista e liberista (incidentalmente anche Presidente della Repubblica) ebbe a dire: «Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre se non al precipizio. Il problema economico è l'aspetto e la conseguenza di un più ampio problema, spirituale e morale». (Luigi Einaudi)
[Continua ...]

29 novembre 2012

Il koan della strada (End of the World Economy - Cap. 9)

[Segue da Cap. 8]
Mi sono giunti feedback contrastanti sull'ultimo capitolo della saga End of the World Economy.
C'è chi ha scritto che la frase finale («E quindi, che senso ha prepararsi alla Fine del Mondo??») metterebbe in discussione il progetto stesso di scrivere un manuale di Economia della Fine del Mondo.
E chi mi ha detto di aver apprezzato la riflessione, ma di essersi sentito un po' preso in giro per aver letto i post, fino a ieri, con lo spirito di un millenarista convinto.

Il punto è che, fin dall'inizio, lo scopo dichiarato di questi post è sempre stato quello di fare una lunga, profonda e condivisa riflessione. E non c'è processo conoscitivo che funzioni di più di quello dell'esperienza diretta. Dell'illuminazione, per usare un termine Zen.
Illuminazione che solo attraverso il superamento della logica può avvenire. Per questo il metodo "ermeneutico" che sto provando ad usare passa attraverso percorsi tortuosi, fatti di domande retoriche e affermazioni dubbiose, le une in contraddizione con le altre. Ma anche le une a supporto delle altre. Postulati che reggono ipotesi, ipotesi che smontano teoremi. Il tutto per fare un salto, e abbracciare l'esperienza diretta della verità.

Ma non voglio "sporcare" con un approccio razionale il percorso. Proverò invece a raccontarvi un koan.
Ho già avuto modo di scrivere su questo blog di Zen e di koan, e di quanto l'approccio buddista alla comprensione della realtà mi affascini.
Ricorrerò quindi ad un koan per proseguire il nostro viaggio, una di quelle storielle che i saggi Zen raccontano ai loro discepoli, il cui scopo ultimo non è trovare una morale, ma porre la mente di fronte ad vuoto interpretativo di fronte al quale, se lo stato di meditazione è profondo, si riescono a "vivere" delle verità.

Il koan della strada 

Un ricco mercante ed il suo aiutante erano in viaggio, per affari, verso un'importante città del Giappone. Nubi fitte li accompagnavano da giorni, dando alla strada da fare un peso e una malinconia che li aveva subito resi di cattivo umore.
Il mercante cercava ogni pretesto per criticare l'aiutante, ricordando sue colpe in alcuni affari andati male, e il secondo non perdeva occasione per autocommiserarsi e borbottare, fra sé e sé, di questa o quella negligenza del mercante nella gestione dei suoi aiutanti.
Di vessazione in vessazione e borbottio in borbottio, erano quasi arrivati alle porte della città, quando una forte esplosione di fuoco e polvere e detriti li avvolse, spazzando via ogni singolo brandello di carne.

Un monaco poeta, dall'alto di una collina che dominava la città di Hiroshima, vide l'enorme nube di polvere e detriti alzarsi alta nel cielo. E mentre un forte vento caldo lo investiva, ebbe appena il tempo di sussurrare un haiku imparato da bambino:

      È il vento della primavera 
      Dicono il padrone e il servo 
      Facciamo la strada insieme


[Continua ...]

28 novembre 2012

Dove rifugiarsi (End of the World Economy - Cap. 8)

[Segue da Cap. 7]
Nel post precedente, in una frase abbastanza pessimista, ho usato un termine per nulla casuale: "gli uomini, durante e dopo l'Apocalisse, cercheranno di starsene rintanati in casa".
Già, la tana rende bene l'idea del nuovo concetto abitativo cui andiamo incontro.
Niente più "case", luoghi dove si esplicita la ricerca spasmodica di benessere, comfort e ostentazione di ricchezza, tipica del nostro tempo. Ma "tane", luoghi il cui unico scopo è la protezione dagli agenti atmosferici e dai pericoli insiti nelle leggi di natura.

A seconda del tipo di Fine del Mondo e della velocità con cui gli eventi degenereranno, la maggior parte dei sopravvissuti potrebbe essere costretta ad adattare le proprie case in rifugi. Ma visto che stiamo facendo un esercizio di immaginazione, proviamo ad ipotizzare la situazione migliore, a titolo di "consiglio" per il nostro manuale di sopravvivenza.

Innanzitutto la cosa interessante è che non esiste un rifugio buono per coprire TUTTE le casistiche possibili viste nel Capitolo 2.
Ad esempio, se ci fosse un collasso gravitazionale di una supergigante rossa (caso 2.3), la Terra sarebbe colpita da uno sciame di radiazioni gamma e beta, quindi sarebbe utile avere una bella protezione naturale. Un luogo scavato sotto una montagna, come i laboratori di fisica sotto il Gran Sasso, potrebbe andare bene.
Ma se cadesse un meteorite nel mare Adriatico (caso 2.1) e un'onda anomala si abbattesse inondando tutto, da Pescara fino a L'Aquila, sicuramente quanti fossero nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso farebbero la fine del topo in trappola.
Se anche decidessimo di scavare un bunker sulle Alpi (diciamo ad un'altezza sufficiente per scongiurare i rischi di un diluvio universale, ma con sulla testa abbastanza roccia da essere coperti dalle radiazioni), comunque non potremmo evitare che un meteorite ci cada addosso.

Come chicca per far naufragare definitivamente la nostra ricerca del rifugio perfetto, ricordiamo la legge di Murphy: «Se qualcosa può andar male, lo farà.». Quindi qualsiasi rifugio costruiamo, potrebbe essere nel lato sbagliato del mondo, o del tipo sbagliato, rispetto alla fine che ci aspetta.

E quindi, che senso ha prepararsi alla Fine del Mondo??
[Continua ...]

27 novembre 2012

L'uomo ERA un animale sociale (End of the World Economy - Cap. 7)

[Segue da Cap. 6]
Quest post è atipico, perché ho la febbre altissima e sento che le capacità di ragionamento sono abbastanza offuscate. Eppure lo scrivo, primo perché non voglio perdere un solo giorno del nostro countdown, e secondo perché le riflessioni che oggi mi ingombrano la mente sono in realtà molto pertinenti a ciò di cui vi sto parlando.

Marica in fila al seggio delle Primarie
Ieri sono andato a votare Matteo Renzi alla Primarie del CentroSinistra (e sì, non potevo non parlarne!). Sarei dovuto andare in macchina, ma Marica e Maria Giovanna volevano passare per i Mercatini di Natale, che a Trento hanno aperto questo sabato.
Ci siamo quindi incamminati, siamo passati per i Mercatini pullulanti di turisti, per le strade del centro piene di vita, infine siamo arrivati al nostro seggio, dove ci aspettava una bella fila di una cinquantina di persone.

In fila dietro di noi c'era una vecchina che continuava a tossire e sputare, e quando mi sono girato per chiederle se aveva bisogno di una mano, ha detto di starle lontani perché era raffreddata... (suppongo perché aveva visto che avevo la piccola Marica in braccio e mia moglie col pancione).
Dopo aver esercitato il diritto di voto, stretto mani ai volontari del seggio (tutti amici conosciuti quando ero nel direttivo PD della Circoscrizione San Giuseppe - Santa Chiara), ci siamo incamminati verso casa, ripassati per il centro, ripassati per i Mercatini stracolmi di persone.
Nella serata passata ad ascoltare i risulti in anteprima delle elezioni, rimuginavo su che festa fossero le Primarie e quanto era stato bello vedere tutte quelle persone in fila al seggio.


Dal film "Contagion": persone in fila con le mascherine.
Questa mattina mi alzo e mi sento distrutto. Non mi ammalo da almeno 4 anni (grazie ad un massiccio ricorso ad integratori multivitaminici, prodotti corroboranti, elisir di lunga vita e un'igiene preventiva che i miei amici etichettano come "maniacale"). Eppure, nonostante tutto questo, mi ritrovo con la febbre a 38, la testa che scoppia, un raffreddore debilitante.

E mi viene in mente l'adorabile vecchina di ieri. Sì, quella della fila al seggio. E mi vengono in mente le mani strette, le folle di persone incontrate. E mi vengono in mente tante scene dai film della Filmografia essenziale sulla Fine del Mondo, con file di persone che indossano una mascherina per evitare il contagio.

Ecco, ho avuto tutta la giornata di mal di testa per giungere ad un teorema basato sui Postulati 2 e 3 del Capitolo 5: in uno scenario post-apocalittico l'uomo non sarà più un animale sociale.

Che sia per paura del contagio o per timore delle azioni che i propri simili possono fare per soddisfare i bisogni alla base della Piramide di Maslow, è verosimile che gli uomini, durante e dopo l'Apocalisse, cercheranno di starsene rintanati in casa, lontani da possibili lupi e tutti concentrati ad occuparsi della sopravvivenza propria e dei proprio cari.
Niente eventi sociali, niente file ai seggi, nessuna attività che implichi interazioni con altri uomini; di conseguenza un'economia che collassa su se stessa perché le persone avranno paura di uscire a fare il proprio lavoro. 
Ed ecco una legge che i trader conoscono bene: la paura è sempre un fattore di collasso dei sistemi finanziari. Perché lo è dei sistemi sociali.

La buona notizia e che, in linea di massima, il nucleo centrale della società, la famiglia, resterà come una priorità da difendere, poiché siamo antropologicamente programmati per la difesa dei nostri cuccioli. Anche perché, non dimentichiamolo, al terzo gradino della Piramide di Maslow rovesciata, c'è il bisogno di appartenenza e di affetto (che il nucleo familiare fornisce).
Gli uomini, quindi, vivranno con le proprie famiglie nascosti nelle proprie case. Tuttavia, qualora il subentrare degli scenari catastrofici non dovesse essere repentino, saranno possibili casi di organizzazione in piccole comunità, sempre comunque create attorno alla scopo di aumentare le proprie possibilità di salvezza (vedi Hobbes, Capitolo 5).

26 novembre 2012

Le azioni da comprare prima del 21 dicembre 2012 (End of the World Economy - Cap. 6)

[Segue da Cap. 5]
Finalmente veniamo ad un primo consiglio utile per trader professionisti e investitori amatoriali, i quali, nelle intenzioni originarie, dovevano essere i destinatari preferenziali di questo anomalo "manuale di sopravvivenza" per l'Economia della Fine del Mondo (vedi Cap. 1).

Se "l'uomo è lupo per l'altro uomo", come visto nel Cap. 5, allora tutto ciò che serve per difendersi, o offendere, potrà tornare utile in uno scenario post-apocalittico.
Quindi conviene investire in aziende che producono armi, sistemi di difesa, sistemi di controllo della sicurezza collettiva o personale.

Un altro settore che sicuramente potrà avere grossi guadagni dall'appropinquarsi delle Fine del Mondo, sarà l'industria farmaceutica. Soprattutto in caso di pandemia,  inquinamento, sovrappopolazione, sterilità della specie, (Cap. 2, casistiche 1.1, 1.2, 1.3, 1.6).

Ammesso che il sistema finanziario regga e qualcosa del concetto di "proprietà" sopravviva, investire nelle azioni di aziende belliche o farmaceutiche potrebbe rendervi ricchi.


E con il consiglio di natura finanziaria arriva anche la prima riflessione di natura etico-morale (che da tempo se ne stava nascosta, sotto la coltre spessa dei consigli di sopravvivenza): volete davvero investire in aziende che guadagnano dalla Fine del Mondo?
Che razza di uomini desidererebbero guadagnare dalle disgrazie di altri uomini?

Chi segue questo blog sa che ho spesso criticato Finmeccanica, principale industria bellica del Paese (Report su Finmeccanica, Lettera a Riccardo Luna, direttore di Wired Italia, Finmeccanica: il marcio viene a galla), ben prima degli scandali di corruzione e truffe che la stanno interessando ultimamente. Quindi può ben immaginare che non comprerei mai azioni di questa come di altre società che lucrano sulla guerra o speculano sulla salute umana. Ma in un Manuale di Economia non posso permettermi di indugiare sui giudizi, devo fornire informazioni nude e crude.

Tuttavia queste informazioni portano alla luce un "nodo antropologico" che da sempre mi angustia: fermo restando il Postulato n° 3 del Capitolo 5, ci sono persone che evidentemente sanno già chi sono, o dovrebbero rendersi conto chi sono: lupi.
Altrimenti non mi spiego chi possieda le azioni di tutte quelle industrie che, passo dopo passo, rendono la Fine del Mondo sempre più vicina...



25 novembre 2012

Homo homini lupus (End of the World Economy - Cap. 5)

[Segue da Cap. 4]
Forse il Capitolo precedente l'ho terminato in maniera troppo brutale. Ma ho le mie buone ragioni.
Ed ora le vedremo, introducendo alcuni concetti base per immaginare gli scenari post-apocalittici che, forse, a breve ci troveremo ad affrontare.
Ecco quindi gli assiomi da tener presenti per far fronte alla Fine del Mondo:
  1. Se l'obiettivo è la sopravvivenza, tanto vale prepararsi all'opzione peggiore.
  2. L'uomo è lupo per l'altro uomo (homo homini lupus est, dicevano i latini).
  3. Non sai chi sei finché non sei messo di fronte alla difficoltà di soddisfare i bisogni dei primi due gradini della Piramide di Maslow (vedi Cap. 4).
  4. Se Dio esiste, o sta guardando da un'altra parte, o è Lui che l'ha voluta la Fine del Mondo, quindi non contare sulla Provvidenza.
L'Assioma 1 vuol dire questo: fra due ipotesi, scegliamo la peggiore per la nostra sopravvivenza. Questo significa, ad esempio, che fra due modi di vedere l'essenza della natura umana, è più sensato credere che sia valido il peggiore fra i due. Plauto scrisse "lupus est homo homini" (è un lupo l'uomo per l'altro uomo), e Seneca "homo, sacra res homini" (l'uomo è una cosa sacra per l'uomo); fra le due massime latine noi basiamo le nostre strategie di sopravvivenza sull'ipotesi più sfavorevole, perché per l'altra non c'è bisogno di mettere in atto strategie preventive.
Il punto 2, quindi, in un certo senso discende dall'Assioma 1, ma è a sua volta un assioma e non un teorema, poiché non è dimostrabile (finché non ci troviamo nelle condizioni descritte dal Postulato 3).
Anche il Postulato 4 discende dal Postulato 1 e, sebbene sia espresso in chiave ironica, vuol significare che tra una posizione teologica che contempla l'aiuto della Provvidenza ed una atea/agnostica che non la ritiene possibile, la seconda è quella nella quale ha più senso preoccuparsi!

Ed ora concentriamoci sull'Assioma 2.
Qualcuno si è mai domandato il senso ultimo del ciclo di dipinti di Ambrogio Lorenzetti "Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo"? Serviva a ricordare ai governatori della città, nella Siena del 1300, che senza un buon governo le civiltà degenerano. Questo perché l'uomo non è in grado di perseguire "naturalmente" il bene comune, ma solo quello individuale.

Questa "legge di natura" è stata ampiamente affrontata dal filosofo inglese Thomas Hobbes (XVII secolo), il quale affermava che la natura umana è fondamentalmente egoistica, e a determinare le azioni dell'uomo sono soltanto l'istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Egli negava che l'uomo potesse sentirsi spinto ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore naturale. Quindi se gli uomini si legano tra loro in amicizie o società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto soltanto al timore reciproco.

Su questo blog ho già avuto modo di affrontare il tema dell'egoismo come fattore inquinate nelle democrazie moderne, citando anche un mio ormai vecchissimo scritto, "De Amore Rerum Suarum" (di circa 15 anni fa!). Ma qui stiamo parlando di qualcosa di più intenso, di più preoccupante.

Ecco perché la cosa che maggiormente deve spaventarci, nell'ipotetico scenario da Fine del Mondo che stiamo immaginando, non è solo la natura nell'accezione più evidente (maremoti, terremoti, cambiamento climatico), ma anche la natura dell'uomo, che può venire fuori in situazioni di disfacimento delle strutture sociali, di mancanza di leggi, o in assenza di chi quelle leggi le fa rispettare.
[Continua ...]

24 novembre 2012

Il Marketing al tempo della FINE DEL MONDO (End of the World Economy - Cap. 4)

Avete visto tutti i film consigliati nel Capitolo 3 del "manuale" End of the World Economy?
Se non lo avete fatto credo sarà difficile riuscire ad arrivare in fondo a questo percorso "ermeneutico" con piena soddisfazione. Ma ci proveremo lo stesso; magari quando citerò i film avrò cura di spiegare brevemente il contesto, per permettere a chi non li ha visti di comprendere comunque i riferimenti post-apocalittici della cinematografia a cui si attinge per favorire il processo di immaginazione e immedesimazione.
Fotogramma dal film "The Road", in assoluto uno dei più bei film post-apocalittici mai realizzati.

Riprendiamo il percorso per capire come sopravvivere nella Nuova Economia, quella della Fine del Mondo. E lo facciamo introducendo un tema a me caro (per passione, oltre che per deformazione professionale): il Marketing.

Il Marketing insegna molto sulla natura dell'uomo, poiché si pone come obiettivo la soddisfazione dei bisogni del singolo, il che fornisce importanti strumenti di analisi e pianificazione, che sfociano nell'analizzare aspetti antropologici chiave per la previsione del comportamento umano.
Uno di questi strumenti è la Piramide di Maslow.

La Piramide del famoso psicologo statunitense non fa altro che mettere in ordine i bisogni umani, da quelli primari a quelli di autorealizzazione. Maslow affermava che l'uomo si dedica alla soddisfazione di un bisogno ad un gradino più alto della Piramide solo se ha soddisfatto quelli presenti nel gradino precedente. Il Marketing tiene presenti questi aspetti in ogni fase del ciclo di vita di un prodotto, dalla produzione alla promo-commercializzazione.

Sebbene esistano versioni più o meno dettagliate dei "gradini" della Piramide, la schematizzazione classica dei bisogni è la seguente:
  1. Bisogni fisiologici (fame, sete, sonno)
  2. Bisogni di sicurezza (salvezza, protezione)
  3. Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)
  4. Bisogni di stima (prestigio, successo)
  5. Bisogni di realizzazione di sé (piena realizzazione delle proprie potenzialità, realizzazione delle aspettative, posizione soddisfacente nel gruppo sociale)
Grazie all'evoluzione, al progresso e al benessere diffuso, le società occidentali sono sempre più prese nella realizzazione dei bisogni dal terzo step in poi.
Con la Fine del Mondo, quale che sia la casistica, molto probabilmente ci troveremo a dover soddisfare i due gradini iniziali.

Ecco, in gergo tecnico, subiremo una regressione dei bisogni. Una Piramide di Maslow rovesciata, dove le priorità saranno bere, mangiare e dormire senza la paura di essere uccisi nel sonno.
Il film The Road aiuta ad immaginare perfettamente lo scenario: scarsità di risorse e lotta per l'approvvigionamento di esse.
[Continua ...]


23 novembre 2012

Filmografia essenziale sulla Fine del Mondo (End of the World Economy - Cap. 3)

[Segue da Cap. 2]
Ora che sono state esplicitate, in linea del tutto teorica, le fini del mondo possibili a cui andiamo incontro, è arrivato il momento di fare un sforzo di immaginazione e immedesimazione: dobbiamo pensare a cosa implicano praticamente, a quali scenari andiamo incontro.

Per evitare che si rimanga sul piano teorico, ritengo che il lettore debba fare uno sforzo di astrazione e immaginarsi come sarebbe il mondo (o cosa resta di esso) dopo uno degli eventi elencati nel Capitolo 2.

Per farlo ho pensato ad un aiuto infallibile: una filmografia essenziale di film catastrofisti. Non c'è niente di meglio delle immagini e della finzione cinematografica per aiutare lo spettatore ad immedesimarsi. Per questo, pur amando i libri e ritenendoli di gran lunga superiori a film per capacità di creare cultura e veicolare informazioni, in questa sede vi suggerirò solo film.


L'elenco che segue riconduce ogni film ad una o più delle possibili fini del mondo precedentemente presentate. Tuttavia alcuni di essi partono descrivendo la vita dopo un evento apocalittico non meglio precisato, quindi sono stati collegati agli eventi scatenanti compatibilmente con lo scenario post-apocalittico descritto nel film.

  • Contagion28 giorni dopo28 settimane dopoL'esercito delle 12 scimmie, Io sono leggenda (Pandemia)
  • 2012 (Eruzione supermassiva, Tempesta solare)
  • Codice Genesi (Distruzione della biosfera a causa dell'inquinamento, Allargamento del buco dell'ozono, Regressione tecnologica a causa di una tempesta solare, Collasso gravitazionale di una supergigante rossa)
  • 2022: i sopravvissuti (Distruzione della biosfera a causa della sovrappopolazione)
  • I figli degli uomini (Estinzione dell'uomo per sterilità della specie)
  • Deep Impact (Impatto astronomico)
  • Waterworld (Effetto serra supermassivo)
  • The Day After Tomorrow - L'alba del giorno dopo (Glaciazione globale)
  •  Equilibrium (Guerra nucleare globale)
  • The Road (Distruzione o compromissione della biosfera a causa di una guerra nucleare, Pioggia acida estesa a livello globale, Estinzione di una specie di insetti chiave per la vita delle piante) 
Ognuno di questi film è da vedere prima del 21 dicembre 2012. Buona visione!



NOTA: Per ragioni simili a quelle relative all'esclusione delle "apocalissi religiose", sono stati esclusi film sulle fini del mondo per mano aliena. Non che non creda agli alieni, ma questo tipo di End Of The World richiederebbe più di un mese per essere affrontato, e quindi per senso pratico (e per fini pedagogici che via via scoprirete) ci limiteremo a quel tipo di fine del mondo che, oltre ad una motivazione scientifica, ha un qualche margine di "gestibilità" per i sopravvissuti.

22 novembre 2012

Quale fine del mondo? (End of the World Economy - Cap. 2)

[Segue da Cap. 1]
Prima di addentrarci nei consigli per sopravvivere alla fine del mondo, dobbiamo innanzitutto porci una domanda: cosa intendiamo per fine del mondo?
Escludendo le ipotesi di religioni, sette e movimenti esoterici, la fine del mondo è generalmente ricondotta a queste casistiche:
  1. Fine dell'umanità 
  2. Distruzione chimica, fisica o biologica della biosfera
  3. Inversione del campo magnetico terrestre 
  4. Distruzione della litosfera e del pianeta Terra 
  5. Distruzione del Sole
  6. Distruzione della Via Lattea
Fra queste, non ci occuperemo di quelle che cancelleranno definitivamente ed irrimediabilmente ogni traccia di essere umano (n° 4, 5 e 6). Perché? Perché venendo a mancare "il soggetto economico", mancherà evidentemente un'Economia di qualsiasi tipo; si tratterà infatti di eventi così repentini da non contemplare un transitorio nel quale i miei consigli avrebbero senso.

Restano quindi le casistiche 1, 2 e 3, scomposte nelle diverse eventualità ipotizzate da scienziati e catastrofisti di professione:
  1. Fine dell'umanità 
    1. Pandemia
    2. Distruzione della biosfera a causa dell'inquinamento
    3. Distruzione della biosfera a causa della sovrappopolazione
    4. Distruzione o compromissione della biosfera a causa di una guerra nucleare
    5. Regressione tecnologica a causa di una Tempesta Solare
    6. Estinzione dell'uomo per sterilità della specie
  2. Distruzione chimica, fisica o biologica della biosfera
    1. Impatto astronomico
    2. Allargamento del buco dell'ozono
    3. Collasso gravitazionale di una supergigante rossa
    4. Effetto serra supermassivo
    5. Eruzione supermassiva
    6. Estinzione di una specie di insetti chiave per la vita delle piante che si riproducono mediante impollinazione
    7. Glaciazione globale
    8. Guerra nucleare globale,
    9. Pioggia acida estesa a livello globale
  3. Inversione del campo magnetico terrestre 

Come si può vedere, ad eccezione dell'evento 3, ogni "fine del mondo possibile" ha una molteplicità di modi per accadere. A questo punto, la domanda chiave è: quale fine del mondo ci aspetta??
Ai posteri l'ardua sentenza. Comunque noi, nel countdown che ci porterà al 21/12/2012 attraverso i post della categoria "End of the World Economy", ci disporremo ad affrontarle tutte.


NOTA: Sono state escluse le Fini del Mondo di matrice religiosa, perché per quelle non vale l'approccio scientifico di questi scritti, indi nessun consiglio avrebbe senso.
L'unica cosa che posso dirvi è che, semmai dovesse capitarvi di vedere in giro quattro cavalieri, uno vestito di bianco, l'altro di rosso, il terzo di nero e il quarto verde rancido, inginocchiatevi e pregate!
[Continua ...]

21 novembre 2012

L'Economia al tempo della FINE DEL MONDO (End of the World Economy - Cap. 1)

La chiusa dell'ultimo post mi ha ricordato che anni fa volevo scrivere un manuale di sopravvivenza alla fine del mondo per trader e mercato finanziario in generale.
La cosa al tempo mi sembrava estremamente ironica, visto che:
  1. sicuramente la finanza sarebbe crollata un attimo prima della fine del mondo (perché, come tutti sanno,  i mercati scontano in anticipo gli eventi);
  2. dopo non ci sarebbe stato bisogno di finanza, poiché si sarebbe tornati ad un'economia di sussistenza.
Oggi il tema mi fa sorridere molto meno, ma forse proprio per questo è un "esercizio" che val la pena di fare, per comprendere appieno le contraddizioni del nostro tempo.
Visto, poi, che manca un mese a questa misteriosa data del 21 dicembre 2012, non voglio perdere l'occasione di dare qualche consiglio, da esperto millenarista, quale sono.

Essendo i temi da affrontare tanti e complessi, li affronterò giorno per giorno, in questo mese che ci separa dalla ipotetica fine del mondo. I post saranno catalogati con l'etichetta "End of the World Economy", che, essendo in inglese, può significare sia Economia della Fine del Mondo, che Fine dell'Economia Mondiale. Ai lettori lascio la libertà di far prevalere l'una o l'altra interpretazione.


Ma c'è proprio bisogno di un altro blog che gioca sul catastrofismo? No, ma una riflessione sui ritmi del nostro sviluppo e le relative conseguenze è più che urgente.

C'è un pezzo della canzone  "Countdown to Extintion" dei Megadeath che nel delirio musicale adolescenziale (NdR: durante il quale, come è noto, si ascolta solo la musica, senza capire molto del significato dei testi) non avevo colto:
One hour from now,
another species of life form
will disappear off the face of the planet
forever... and the rate is accelerating
(Un'ora da ora,
un'altra specie di forma di vita
scomparirà dalla faccia del pianeta
per sempre ... e il tasso è in accelerazione)
Ed è esattamente quello che stiamo vivendo oggi. Solo che la nostra mente va sistematicamente in protezione e tende ad accettare che siano tantissime altre forme di vita a scomparire, ma non la specie umana.
Chissà poi perché, visto che sul piano biologico siamo infinitamente meno efficienti e resilienti di un batterio.

Da oggi in poi, quindi, chi vorrà, potrà seguire su questo blog dei consigli per sopravvivere nell'Economia della Fine del Mondo. E riflettere sulla natura umana. Che ha tanto da dirci...
[Continua...]

12 novembre 2012

Picco del petrolio e Città di Transizione

L'altro ieri sono stato ad un interessante workshop, a Rovereto, dal titolo "Ma cos'è una Città di Transizione?".

Dopo i corsi sullo sviluppo sostenibile con Ingegneria Senza Frontiere, conferenze e dibattuti sulla Decrescita, anni di ricerca sull'Economia Sostenibile e un latente "attivismo green", pensavo di averle viste un po' tutte le ricette per aumentare la finestra di permanenza della specie umana sulla faccia della Terra.
Invece la proposta del Movimento di Transizione mi è suonata nuova, soprattutto nell'approccio metodologico: niente pretesa di cambiare il mondo con politiche globali, ma cambiamento dal basso, favorendo i processi di partecipazione e di auto-organizzazione delle comunità.

Le Città di Transizione (Transition Towns) sono alla base di un movimento fondato dall'ambientalista Rob Hopkins circa 7 anni fa. L'obiettivo del progetto è di preparare le comunità ad affrontare la doppia sfida costituita dal riscaldamento globale da una parte e del picco del petrolio dall'altra.
Soprattutto quest'ultimo aspetto mi ha in un certo senso allarmato. Sembra infatti che non sia all'ordine del giorno di nessun governo l'affrontare la sfida, ormai imminente, della fine della risorsa energetica per eccellenza. Eppure si tratta di un fatto inevitabile: la primaria risorsa fossile su cui si basa la nostra economia e le nostre società si sta rapidamente esaurendo; abbiamo superato il picco produttivo quest'anno e già nel 2015 mancherà un 10%  di petrolio rispetto alla domanda globale.
Se a questo aggiungiamo gli altri "picchi" (picco dei metalli, dei minerali, del suolo, dell'acqua, del debito, della salute), è evidente che è sempre troppo tardi per impegnarsi nel cambiamento.

E invece niente. Ho appena finito di ascoltare il primo confronto televisivo fra i 5 candidati alla Primarie del Centro-Sinistra, e nessuno ha lontanamente parlato non solo di questo problema, ma nemmeno di quello ambientale o del riscaldamento globale. Se escludiamo un vago accenno al nucleare (in chiave meramente polemica e non programmatica), non c'è stata traccia della tematica ambientale e energetica negli interventi di nessun candidato. Poveri noi.

Ma forse non importa preoccuparsi, la fine del mondo è comunque vicina, al 21 dicembre 2012 mancano meno di 40 giorni...


7 novembre 2012

Chanel N° 5: c'era proprio bisogno di Brad Pitt?

È arrivato il momento di creare una nuova "etichetta" per i post raccolti in questo blog: Advertising Age (in onore di una celebre rivista sul mondo della pubblicità e dei mass media).

Una nuova categoria di post per parlare di pubblicità e comunicazione, rispetto alla "storica" Economia e Marketing, perché già unire il marketing con l'economia è stata una forzatura, ora attribuire questa categoria alle mie analisi delle pubblicità contemporanee mi sembra proprio fuori luogo (anzi, ri-catalogherò i vecchi post in cui ho parlato di advertising).

Ecco quindi lo spot pubblicitario che, proprio per la mancanza di strategie di comunicazione interessanti, mi ha indotto ad inaugurare la nuova categoria: "There you are" di Chanel.


Ritengo l'idea di base, quella di utilizzare un testimonial uomo, invece delle solite donne-simbolo, buona; ma la realizzazione pessima.

Il monologo di Brad Pitt non riesce ad emozionare, non essendo supportato né da immagini, né da musiche che aiutino lo spettatore ad entrare emotivamente in risonanza con la "dichiarazione d'amore" che fa.
L'assurdità finale, poi, è che la dichiarazione d'amore sia al profumo, non alla donna che lo porta (bastava evitare di dire il nome del prodotto alla fine, sarebbe stato più elegante).

Usare poi un'icona come Brad Pitt (affermatissima ma poco "contemporanea"), ha sporcato l'idea (buona in sé, lo ripeto) di affidare ad un testimonial uomo la promozione dello Chanel N° 5.
Gli uomini hanno regalato per decenni questo profumo alle donne perché volevano vedere in esse le Marilyn Monroe che non erano. Le donne lo compravano per dare la stessa illusione agli uomini.
Ma nello spot attuale non c'è processo di immedesimazione che regga: lui è distante, ineguagliabile, lei semplicemente non si vede. Tutto è trasposto su un piano troppo platonico per generare impulso di acquisto.

Ecco, per questo non credo lo spot funzioni sul piano commerciale. Forse un po', ma solo un po', ha una sua valenza per tener viva la brand awareness; anche se qualsiasi passaggio di 30 secondi in prima serata per un mese l'avrebbe avuto, a prescindere dalla bontà del concept.


Io tifo Obama

Mi sono sempre schierato in politica, non per delirio di affermazione della mia opinione, ma per rispetto del valore della testimonianza del singolo, in un sistema democratico.
In questa ottica ideale, e in un contesto globalizzato come quello in cui viviamo, anche se la mia opinione non ha alcun peso, val sempre la pena di ribadire quello in cui si crede.

Seguirò con trepidazione i risultati delle elezioni americane (di seguito riporto una mappa con le proiezioni); e spero vivamente che Barack Obama possa fare del proprio meglio per altri 4 anni.