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31 dicembre 2008

2008: l'anno della crisi - Fine di un'epoca

Parecchi amici, in questi lunghi mesi di difficoltà dei mercati borsistici, mi hanno chiesto di dare un'interpretazione dell'evento in atto, di spiegare come è stato possibile arrivare a simili crolli delle capitalizzazioni dei grandi colossi bancari mondiali, e come se ne poteva uscire. Il più delle volte ho risposto con e-mail vaghe, poiché avevo il fermo proposito di scrivere in dettaglio un articolo che mettesse nero su bianco il perché io questa crisi finanziaria me l'aspettavo da 3 anni (ben prima della crisi dei mutui sub-prime, dell'estate 2007), e perché è di una gravità enorme, ancora mal compresa. Ora che il 2008 volge al termine, mi viene da sperare che il peggio sia passato e che tra 6-7 mesi potremo guardare con relativa prospettiva storica agli ultimi 2 anni di recessione, con un po' di gratitudine, poiché il "sistema" si sarà sgonfiato e si sarà ripulito di una miriade di anomalie congenite al capitalismo stesso. In sintesi, quello di cui sono stato convinto fin dall'autunno del 2007 (ero da poco tornato dall'America, e avevo vissuto praticamente in diretta lo scoppio dalla bolla dei mutui sub-prime) è che gli eventi a cui assistevamo avevano una portate disastrosa. Questa crisi l'ho definita la prima vera crisi globale mondiale. Su questo punto molti studiosi di Storia Economica non sono d'accordo; c'è perfino chi dice che la crisi del 1929 fu una crisi mondiale... ma non è vero. Questa è la prima vera crisi economica mondiale, frutto di una finanza impazzita e male regolamentata, di una globalizzazione a livelli planetari particolarmente capillare e di tantissime teste vuote incapaci di amministrare i fenomeni complessi (mi riferisco ai politici di tutti gli stati). Ma in fin dei conti il grande colpevole è uno: IL CAPITALISMO. Quando ero piccolo (intorno ai 14-15 anni), non so per quali letture o quale passione politica, ero uno statalista (posizione che non si riscontra in nessuno dei miei familiari). In pratica ero convinto che l'impresa privata non potesse concorre al "bene comune" perseguendo l'obiettivo del mero profitto; dicevo che non bastava "regolare gli egoismi degli individui" per far funzionare una società, ma ci voleva un indirizzo preciso di cooperazione tra i privati, orchestrato dalla mano saggia dello Stato in ogni fenomeno economico. Mio padre e un mio zio, in particolare, mi davano addosso, dicendo che non capivo niente, che il comunismo era fallito, e che lo stato avrebbe solo inguaiato di più le aziende di cui avesse acquisito il controllo. Quando mi dicevano "sei un illuso statalista-comunista", nelle loro intenzioni era un'offesa; per me era un complimento (sebbene sia un ossimoro). Ed è un complimento che rispolvero ora con particolare orgoglio, ora che studio economia, e che posso poggiare le mie teorie su basi ben più solide che un'intuizione giovanile. Ma, soprattutto, ora che gli eventi mi danno ragione, ora che il principale paese liberista del mondo (o almeno che ha detto di esserlo per decenni, ma poi in realtà non lo è mai stato) vede la sua economia ridotta in ginocchio, e lo Stato decide di entrare nei principali gruppi bancari per evitarne il fallimento, elargisce fondi alle industrie in crisi, taglia il costo del denaro ogni mese, progetta piani di stampo keynesiano per far fronte alla disoccupazione galoppante, e che aumenta quindi a dismisura il debito che le future generazioni saranno costrette a pagare. Anche l'Italia non è da meno (e l'esempio Alitalia ne è una prova), insieme a Gran Bretagna, Francia e, in maniera ridotta, anche Germania. Tutti sembrano aver dimenticato che fino a ieri erano degli accaniti sostenitori del libero mercato, della deregolamentazione delle borse, della cancellazione delle politiche protezionistiche dei vari stati. Senza dimenticare che i politici, i quali oggi gridano allo scandalo della diffusione di strumenti finanziari complessi e ad alto rischio, fino all'altro ieri applaudivano all'invenzione del credito al consumo per sostenere la domanda di beni e servizi. Per sostenere il PIL di competenza del loro governo, chiedevano in pratica al cittadino medio di comprare prodotti che non poteva più permettersi già dalla seconda metà degli anni ottanta. Quella che è nata come una crisi finanziaria è divenuta una crisi dell'economia reale, ed io, come milioni di altri lavoratori in tutto il mondo, rischio di perdere il posto di lavoro, nonostante appartenga a quell'esiguo gruppo di investitori che ha sempre creduto nell'investimento responsabile e che ha fatto dell'etica il faro del proprio agire. Noi pagheremo le colpe di chi, innalzando bandiere fittizie di progresso e libertà, combatteva in realtà solo per i propri sporchi interessi. Ma voglio lasciarvi con un pensiero positivo: il colpo che il capitalismo ha dato a se stesso è stato fortissimo; tale da farlo vacillare dalle fondamenta. Ed è in quest'ottica che ho ripreso in mano le teorie su una nuova economia, che avevo iniziato a scrivere dal 2001 in poi. Una economia nuova, che soppianti questo sistema bacato, il quale ha dimostrato abbondantemente di non essere in grado di garantire benessere diffuso e sostenibilità della crescita. Sto quindi scrivendo un romanzo a scopo divulgativo, raccontando come sia possibile creare un nuovo sistema economico, basato su principi marxisti, ma che adotti i mezzi del capitalismo. In breve, azionariato diffuso, distribuzione ponderata degli utili su base geografica e con metodologie di riparto che favoriscano il progressivo benessere dei paesi sottosviluppati e la cancellazione della povertà; magari è solo un sogno, ma vale la pena di essere sognato, se può gettare la basi per una riflessione di ampio respiro su quello che abbiamo creato in questi ultimi due secoli e che magari ci induca a fermarci;... o a fare "marcia indietro", come dicono i sostenitori della "decrescita". Se questi propositi di cancellare il capitalismo fanno sorridere qualcuno, voglio ricordare che è solo la mancanza di prospettiva storica che non ci permette di credere possibile un nuovo sistema economico. Eppure il Capitalismo ha circa 200 anni. Prima nell'Europa occidentale c'era il Feudalesimo, che è durato molto di più, diciamo dal IX secolo con strascichi fino al XVIII. E prima di esso c'era la Società Curtense, e prima ancora c'era l'Economia della Villa Romana. E' ovvio che se nel 1300 aveste fermato un contadino intento ad arare il campo e gli aveste detto: "Sai, tra qualche secolo il lavoro che stai facendo sarà interamente per te è la tua famiglia, non sarai costretto a dare metà del tuo raccolto al tuo feudatario, né lui potrà far valere il suo diritto di passare la prima notte di nozze con tua moglie, né potrà ammazzarti, o punirti senza un processo. Anzi, ti dirò di più: il feudatario non esisterà, e la terra che coltivi sarà tua." Quel pover uomo, ammesso che avesse afferrato il senso del nostro vaticinio, ci avrebbe riso in faccia, ovviamente incredulo di tale assurdo futuro. Ma quel futuro si è realizzato. Io credo che la fine del 2008 segna se non la fine del capitalismo, senz'altro la fine della fiducia di tantissime persone nel fatto che questo sistema economico sia capace di produrre benessere diffuso, equità sociale e sostenibilità ambientale. E questo è il primo passo per cambiare. Buon anno nuovo a tutti. E buon cambiamento.

15 dicembre 2008

IMPRIMATUR - storia di un libro

Pur essendo un accanito lettore, mai ho consigliato libri su questo blog; forse solo indirettamente, attraverso citazioni, poesie o immagini. Ho sempre creduto che i libri fossero oggetti viventi, capaci di scegliersi loro i propri lettori; ... il più delle volte, infatti, un libro non lo scegliamo, semplicemente ci capita. Ma forse qualche mio lettore deve "imbattersi" in un libro attraverso questo blog. Per cui proseguo a narrarvi la vicenda di cui volevo scrivere. Tempo fa ho letto un bel libro, che non ha mai smesso di affascinarmi, sia per il valore letterario, sia per i contenuti storici narrati, sia per l'incredibile boicottaggio di cui è stato oggetto in questo nostro bigotto ed oscurantista Paese. Il libro in questione è IMPRIMATUR di Monaldi & Sorti. La storia di come io mi sia imbattuto in questo libro è piuttosto bizzarra. Diversi anni fa, credo fosse il 2004, in un grande supermercato c'era un'offerta: si vendevano libri al peso; la cosa era piuttosto conveniente, per cui misi insieme una dozzina di chili e me ne andai contento, pur conscio del fatto che non avrei avuto tempo sufficiente nei successivi 24 mesi per leggere tutto il materiale che avevo accumulato nella mia libreria (per la cronaca, ho la media di un libro ogni 9,4 giorni... un tempo era uno alla settimana, ma da un paio di anni la vita vissuta reclama attenzione in maniera sempre più preponderante). Comunque, uno dopo l'altro, tutti i libri sono passati sul mio comodino, e sono stati letti; qualcuno con più entusiasmo di qualche altro, ma tutti sono entrati nel Liber Librorum (il libro dove mi annoto tutti i libri che ho letto, da circa nove anni a questa parte). IMPRIMATUR mi sorprese. Era un libro decisamente eccellente, e non capivo come era stato possibile che non ne avessi mai sentito parlare. Per cui iniziai a fare delle ricerche e scoprii che era un libro introvabile in Italia. Io aveva una rarissima prima edizione, a cui era succeduta una seconda, di poche migliaia di copie, e poi più niente. Oggi, per leggere il libro, bisogna ordinare una copia stampata in Olanda, in italiano, perché non c'è nessuna Casa Editrice italiana che lo voglia in catalogo. Però, nel resto del mondo è un best seller. Sempre più incuriosito dalle vicende dei due autori, Rita Monaldi e Francesco Sorti (moglie e marito), che avevano deciso di vivere all'estero a causa del clima oscurantista trovato in Italia, decisi di comprare su internet un libro-inchiesta, scritto da un esperto di "libri proibiti", Simone Berni, che illustrava l'incredibile boicottaggio attuato dall'editoria italiana (in particolar modo da Mondadori) verso un libro che non aveva altra colpa se non l'aver svelato la vita non proprio santa di un papa: Innocenzo XI. Ora potrei tediarvi a lungo raccontandovi cose incredibili, sul potere temporale della Chiesa, sul monopolio editoriale della Mondadori, e su tante altre vicende. Ma eviterò di seguitare a parlare di cose che forse interessano pochi. Vi consiglio solo di ascoltare questa musica, Les Barricades Mystérieuses, al centro del romanzo di Monaldi & Sorti, e, se vi affascinerà, potrete scoprire qualcosa in più, e magari leggere anche il libro, che è possibile ordinare in Olanda tramite un sito di lettori che si oppongono al boicottaggio voluto dalla Chiesa Cattolica su un libro dall'alto valore letterario e che è anche un'inchiesta storica avvincente ed istruttiva. E' il caso di dire... buona lettura!

7 dicembre 2008

Per ricordare

LE MORTI BIANCHE L'operaio capì che l'inferno è sulla terra e il paradiso sono quelle ali che ti fanno volare sopra le miserie Dall'ultimo piano il decimo piano guardò il cielo fece per toccare una nuvola con un dito e precipitò nel vuoto Le chiamano morti bianche come avvenissero senza sangue Sono morti inopportune che spesso avvengono quando l'informazione è già impegnata in altri eventi Sono cadaveri con vite banali sono numeri decimali che non incidono sul bilancio Sono cani che hanno abbaiato nel qualunquismo per mestiere sono un nome nell'anagrafe che si scrive e si cancella come un'impronta nel deserto in pieno vento Sono i ricordi sbiaditi del giorno dopo di Michael Santhers

25 novembre 2008

Marco is earning a degree

Mio fratello Marco, che contende a Ciccio Veltre l'ambito titolo di "Fortunello", oggi si laurea. Tra qualche minuto vado a Roma in macchina con mia madre, poi, questa notte (ore 00.47 da Roma Tiburtina), risalgo a Trento in treno, con Maria Giovanna. Venerdì ho un esame, e non posso fare altrimenti. Se questi chilometri macinati per percorrere in lungo l'Italia (Pisa-Caserta, Caserta-Pisa e Trento-Caserta, Caserta-Trento, da ormai otto anni), li avessi impiegati per fare il giro del Mondo, ad oggi avrei percorso la circonferenza della terra per più di due volte!

19 novembre 2008

Verona

Pur essendoci passato spesso, ma solo di sfuggita (per prendere l'aereo), non avevo mai visitato Verona. L'occasione si è presentata sabato scorso, quando con mia madre (che è qui da me per qualche giorno di riposo) siamo andati a fare una "one-day trip" in quel di Verona. ... città bellissima, che mi conferma come l'Italia sia il paese più bello del mondo.

«Deliziosa Verona! Con i suoi bei palazzi antichi e l'incantevole campagna vista in distanza da sentieri praticabili e da solide gallerie con balaustra. Con i suoi tranquilli ponti romani che tracciano la retta via illuminando, nell'odierna luce solare, con tonalità antiche di secoli. Con le chiese marmoree, le alte torri, la ricca architettura che si affaccia sulle antiche e quiete strade nelle quali riecheggiavano le grida dei Montecchi e dei Capuleti ...» (da Picrures from Italy di Charles Dickens)

15 novembre 2008

on the way

La strada mia La strada è lunga, ma er deppiù l'ho fatto: so dov'arrivo e nun me pijo pena. Ciò er core in pace e l'anima serena der savio che s'ammaschera da matto. Se me frulla un pensiero che me scoccia me fermo a beve e chiedo aiuto ar vino: poi me la canto e seguito er cammino cor destino in saccoccia.
Trilussa

12 novembre 2008

Elezioni Provinciali in Trentino: una riflessione sulla partecipazione

Spesso penso a quello che diceva Albert Einstein: "Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare." Perciò, quando vedo dei "giusti" che si rimboccano le maniche e si danno da fare, mi emoziono positivamente, e comincio a sperare nel cambiamento. Questo è quello a cui mi è capitato di assistere in questi giorni a Trento, dove ho visto un nascente Partito Democratico dare prova di grandi capacità progettuali, in grado di coinvolgere un elettorato stanco e deluso, che si è reso artefice di una vittoria del Centro-Sinistra per nulla scontata. Sono stato segretario in un seggio qui a Trento, e vedendo la sostenuta affluenza ho provato una vera e propria gioia, perché, in questi tempi di disaffezione verso la politica, si rischia di demandare ad altri scelte che abbiamo il diritto-dovere di compiere in prima persona: questa è l'importanza sacrosanta del voto. Una nota positiva ha chiuso queste Elezioni Provinciali. Il candidato che io avevo sostenuto e appoggiato (Mattia Civico) è stato eletto, e il PD ha avuto un ottimo risultato elettorale. Mi auguro che nel resto d'Italia altri giovani decidano che è il caso di rimboccarsi le maniche, per il bene comune.

29 ottobre 2008

1968 - 2008

Ieri abbiamo occupato la Facoltà di Sociologia di Trento. Quarant'anni dopo, ancora studenti cercano spazi di riflessione e confronto, ancora è necessario alzare il tono della protesta. Una sola considerazione: abbiamo fatto le cinque del mattino per scrivere un volantino ed un comunicato stampa. Ogni singola frase è stata discussa fino allo sfinimento. Al di là dei risultati (se mai ci saranno), mi ha fatto piacere vedere tanta convinta partecipazione. Ora una doccia, e al lavoro. In fondo essere studenti è un lusso.

18 ottobre 2008

Per un sistema formativo pubblico

Giovedì scorso, dopo circa tre anni di lontananza dal movimento studentesco, sono andato ad un assemblea alla facoltà di Sociologia dell'Università di Trento.
Sebbene non abbia mai smesso in questi anni di seguire la politica nazionale, ed in particolar modo quanto accadeva nelle università, ho sempre cercato di mantenermi a debita distanza, per evitare quel tipo di impegno diretto "totalizzante", come l'ho avuto ai tempi di Pisa.
Tuttavia viviamo in questi giorni momenti drammatici per il sistema formativo italiano, ed a tal riguardo mi sembra necessaria una presa di posizione sia del singolo che della collettività.
Ho perciò deciso di intervenire nel dibattito assembleare dell'altro giorno, per delineare quella che a mio avviso è una posizione urgente e necessaria, da gridare a gran voce.
Il No! alla legge 133/08 è un imperativo d’obbligo, che scaturisce da una consapevolezza del valore della formazione in un sistema-paese ormai al collasso. Ed è da questa considerazione che sta partendo in tutta Italia il movimento studentesco, per arginare politiche governative miopi e populiste, come quelle del Ministro Gelmini. In un periodo di recessione economica, di morte delle ideologie del passato, c’è ancora chi immagina una società progettata su basi solide, e queste basi non possono che essere incentrate sul percorso formativo dei cittadini, dall’asilo alle scuole elementari, dalle superiori alle università. Il ruolo che la nostra Costituzione assegna all’università è quello di dare vita ad una coscienza critica collettiva che possa fungere da motore della mobilità sociale, che possa fornire risposte e risorse per il futuro produttivo del paese, che possa insegnare ad ogni cittadino a ragionare criticamente. In nome di questi principi, l’università si configura come comunità del sapere critico, laico, accessibile, in sostanza, libero. A tal fine è necessario che il sistema formativo sia adeguatamente finanziato e sostenuto da una politica nazionale che miri a fare dell’alfabetizzazione di alto livello un punto fondamentale nello sviluppo della qualità della vita. Proprio questa mancanza di sensibilità e di attenzione dell’attuale Governo è da denunciare, perché dettata da priorità che non tengono conto del futuro, ma si fermano sic et simpliciter al tornaconto elettorale (basti pensare alle classi-ghetto per i bambini che non parlino la lingua italiana, volute dalla Lega Nord). I nostri Atenei, che si vedono tagliati ulteriormente i propri Fondi di Finanziamento Ordinario, tanto da pregiudicarne la sopravvivenza, andranno incontro all’azzeramento della ricerca di base. A questo si aggiunga che, se lo sciagurato progetto della Gelmini di trasformare le Università in Fondazioni private andrà in porto, si otterrà l’eccessivo indirizzamento, propugnato dal mondo industriale, verso la ricerca applicata, oltre ad inevitabili influenze direttamente sul sistema didattico: questo significherà la morte del Sapere libero e critico. Per questo sono contro l’ipotesi di università che siano fondazioni in mano ai privati. Non c’è università senza ricerca, non c’è ricerca senza università: l’Italia è uno dei paesi che investe meno in Europa, la quale, a sua volta, è superata da Giappone e dagli USA. Nonostante ciò, nelle università italiane è ancora molto alto il fervore nel creare sapere grazie alla dedizione di quei ricercatori che lavorano al suo interno (50% del totale) e che producono il 53% dei lavori scientifici italiani. L’università senza ricerca rischia di divenire solo mera scolarizzazione, mentre la ricerca rischia di perdere la sua essenza principale, il Sapere. Non è più possibile abbandonare alla bancarotta una risorsa come quella sopra descritta: il Fondo di Finanziamento Ordinario è insufficiente alla sopravvivenza degli atenei; le nostre università sono, di fatto, ingessate e costrette a continuare il blocco delle assunzioni, per poi ricorrere, in molti casi, a finanziamenti esterni. Tali ffinanziamenti non sono reperibili dagli enti locali, che subiscono altrettanti tagli da parte del Governo, e gli unici mezzi attualmente usati da molti atenei sono legati all’aumento del gettito proveniente dalla contribuzione studentesca, superando anche il limite del 20%, e il ricorso alle fondazioni, le quali risultano essere completamente deregolamentate. L’università che voglio è necessariamente pubblica, poiché parte di un sistema formativo di primaria importanza per il futuro del nostro Paese.

17 settembre 2008

Pensieri Spettinati

"Amo leggere la vita di alcuni santi partendo dalla fine; ricomincio a sperare che qualcuno possa tornare ad essere uomo."
Stanisław Jerzy Lec

2 settembre 2008

L'arte che non capisco

Ho sempre pensato che l'Arte fosse qualcosa che servisse a comunicare... e che lo facesse con stile; insomma, che l'opera d'arte dovesse essere bella. Per quanto la bellezza sia ritenuto un concetto relativo, sono propenso a credere che sia in qualche modo possibile oggettivare una serie di fattori estetici; per cui una Venere di Milo o un Discobolo di Mirone possono presumibilmente apparirci belli, per la proporzione delle forme, per l'espressività dei soggetti oppure, come nel caso di opere un po' più moderne, perché ci emozionano. Non chiediamo infatti ad un tramonto impressionista di essere una copia perfetta di quello reale, ma di comunicarci "l'impressione" che dà la luce del sole in quel particolare momento della giornata,... vogliamo provare sensazioni, emozioni. Oggi ho visitato con Maria Giovanna la mostra Manifesta7, Biennale Europea di Arte Contemporanea, e non ci ho capito niente. O meglio, qualcosa ho capito, ma senza provare una reale partecipazione emotiva all'esperienza artistica, ed in fin dei conti senza trovare una sola opera d'arte che fosse positiva, o che fosse semplicemente "bella". Nelle opere esposte qui a Trento c'è una sovrabbondanza di negatività, di critica sociale, di caricature del reale parossistiche che, oltre a rendere l'esperienza della visita alla mostra quasi spiacevole, non lasciano dentro nessuna nuova ed illuminante consapevolezza. Quando, diversi anni fa, con alcuni amici creammo un piccolo gruppo di appassionati d'arte, chiamato Concept Art Society, scrissi che l'arte moderna doveva ritornare al principio fondante: "doveva comunicare". Ma non solo: doveva essere esteticamente convincente, altrimenti anche un ciclostilato sarebbe arte! Più del 60% delle installazioni che ho visto oggi alla mostra erano audio-visive. La maggior parte consisteva in video-proiettori o maxi-schermi che ripetevano cortometraggi su diversi temi, ma tutti con il minimo comune denominatore della pesantezza dei contenuti. Per rendere la cosa interessante mi sono messo a comporre quadri giocando con le ombre.

La cosa che proprio non capisco è perché gli artisti moderni sembrano conoscere come unico mezzo di espressione quello cinematografico, mentre si vanno sempre più dimenticando le nobili arti della pittura e della scultura. Possibile che oggi per fare arte bisogna impressionare il pubblico con video agghiaccianti?? C'è una sorta di gusto barocco nel voler stupire a tutti i costi; ma del barocco manca ogni ricerca di forma e bellezza. O forse quella a cui assistiamo è un'evoluzione necessaria dell'Arte. Ma, francamente, non la capisco.

28 agosto 2008

OneDay Stage con Trentino Sviluppo

L'altro ieri ho avuto la fantastica opportunità di partecipare allo stage organizzato da Trentino Sviluppo S.p.A., come conclusione del Premio D2T Start Cup, al quale avevo partecipato con il progetto I.C.E. (Interworking Center for Experimentation). Abbiamo visitato e parlato con i top manager della Ferreti Yatchs a Forlì e dell'Aquafan di Riccione, gestito da Valdadige Costruzioni. Sono stati degli incontri molto interessanti; in un solo giorno fare una full immersion nel mondo del management aziendale di alto livello è davvero una esperienza intensa. E fa venire la voglia di creare qualcosa di buono per il Paese.

22 agosto 2008

KarmaSunset

Un po' di mare, un po' di montagna, e l'estate è finita.

Di tramonto in tramonto vedevo la fine di ogni singolo giorno come promessa della fine ineluttabile di queste vacanze, durante le quali è mancato un bel viaggio, che pure desideravo tanto. Ma è giunto l'ultimo tramonto incredibilmente veloce, e ho avuto appena il tempo di rendermi conto che non sarei partito per nessun paese nuovo.

Karma, direbbero i buddisti. E con meno tranquillità di come potrebbe fare un saggio, accetto il non essere partito con un po' di rassegnazione e un po' di speranza... Magari in un'altra vita andrà meglio.

7 luglio 2008

L'Intero

Fai l'agguato a una piuma di merlo l'intero manca anche a te senza saperlo da Poesie per un gatto di Vivian Lamarque

11 giugno 2008

Le mille possibili strade

DON JUAN: «Tutto è solo una strada tra tantissime possibili. Devi sempre tenere a mente che una strada è solo una strada; se senti che non dovresti seguirla, non devi restare con essa a nessuna condizione. Per raggiungere una chiarezza del genere devi condurre una vita disciplinata. Solo allora saprai che qualsiasi strada è solo una strada e che non c'è nessun affronto, a se stessi o agli altri, nel lasciarla andare se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare. Ma il tuo desiderio di insistere sulla strada o di abbandonarla deve essere libero dalla paura o dall'ambizione.»

da Gli insegnamenti di don Juan di Carlos Castaneda

7 giugno 2008

quando rossi di frutti...



Volevo raccontare l'estate, ma non non trovavo le parole per comunicare l'emozione di questa nuova "presa di consapevolezza temporale"...

Sono uscito sul balcone per mangiare qualche ciliegia presa direttamente dal mio alberello preferito, e ho capito che forse il modo migliore di lasciar passare le emozioni suscitate da questa stagione era fare delle foto alle piante che tanto generosamente mi offrono i loro frutti e profumi.

enjoy the summer


2 giugno 2008

Mercato e Democrazia?


Quest'anno il tema centrale del Festival dell'Economia di Trento è stato "Mercato e Democrazia". Per la verità io ci vedo un bel punto interrogativo nel titolo, e sono arrivato a tale conclusione dopo aver seguito diverse delle conferenze in programma in questi giorni.
Ascoltando le analisi di Federico Rampini, Francesco Giavazzi, Guido Rossi, Sergio Marchionne e tanti altri, si è radicata in me l'idea che il mercato, nell'accezione voluta dall'economia classica, è un'illusione collettiva; ed il fatto che ci sia una correlazione stretta tra la democrazia, i diritti umani, i progressi sociali e il libero mercato è una illusione ancora più grande. Basta guardare alla Cina e se ne ha una prova.
Qualcuno diceva di sperare nell'India..., ma il dato di fatto è che questo mercato, queste democrazie occidentali, questo sviluppo, ci hanno portato ad un punto di "svalutazione valoriale" incredibile. Ben più grave di qualsiasi crisi finanziaria è la crisi della società di oggi, che io credo sia principalmente dovuta al valore centrale del capitalismo: l'egoismo.

17 maggio 2008

Due anni di questo blog


Due anni fa nasceva questo sito internet.
Rileggevo il primo post, e pensavo a quante cose cambiano in due anni.
Pur tuttavia il WWT rimane il sogno nel cassetto, il desiderio che esprimo quando spengo le candeline.
85 di questi giorni.

8 maggio 2008

Sulla necessità del viaggiare

"Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina"

Agostino d'Ippona

4 maggio 2008

I colori del mondo



L'estate è alle porte e si riaffaccia l'idea di continuare il Whole World Trip, che ormai, per forza di cose, procede a tappe.
Per fare il punto della situazione ho iniziato a riempire una mappa con le bandiere degli stati dove sono stato; è raggiungibile da questo link: mappa.
Il collegamento sarà anche sul menù di navigazione, per tenere aggiornati eventuali progressi del progetto.

La voglia di continuare a scoprire i colori del mondo è ancora tanta, ma il tempo e le opportunità scarseggiano. Ciononostante spero che questa estate si apra uno spiraglio.
L'anno scorso è stata la volta di Stati Uniti e Canada..., quale bandiera varrà la pena di aggiungere quest'anno?

26 aprile 2008

26 il 26


Questo compleanno è stato speciale. Con mio cugino Raffaele, i miei zii ed i miei genitori, ha avuto un sapore meno nostalgico e più ottimista compiere 26 anni. C'è chi dice che dopo il quarto di secolo inizi la parabola discendente... chissà! Però per me è stato un bel momento per riflettere, più che sullo scorrere del tempo, su quanto sia fortunato ad avere la famiglia che ho.
676 di questi giorni.

21 aprile 2008

Ridiamoci su

Ad una riunione di femministe da tutto il mondo, parla la delegata tedesca: -Un po' di tempo fa ho detto a mio marito: "Franz, non cucino più!". Il primo giorno non ho visto niente di nuovo, il secondo nemmeno, ma il terzo Franz ha preso le salsicce, i crauti e ha cucinato per tutti.- Applausi scroscianti nella sala, affollata di femministe. Parla le delegata francese. -Alcuni mesi fa ho detto al mio Jean Paul: "Non faro più il letto!" Il primo giorno non ho visto niente, nemmeno il secondo, ma il terzo Jean Paul ha rifatto il letto.- Applausi fragorosi. La delegata americana: - Io ho detto a Johnny: "Non preparerò più la colazione!". Il primo giorno non ho visto niente, nemmeno il secondo, ma il terzo Johnny ha preso uova, bacon e succo di arancia e ha preparato la colazione per tutti!- Ovazione! E' il turno della delegata italiana. -Io ho detto a Carmelo: "Carmelo, non stiro più!" Il primo giorno non ho visto niente, il secondo nemmeno, ma il terzo ho ricominciato a vedere un pochino dall'occhio destro.-

17 aprile 2008

De Amore Rerum Suarum


Rispondo con un post ad un commento inviatomi circa le ultime elezioni, poiché credo possa essere utile un po' per tutti riflettere sul risultato elettorale.

Caro Marco Brandi, se, in un derby decisivo per il campionato, la tua squadra perdesse, ti dispiacerebbe? In questa ottica devi vedere il dispiacere da me esternato. Niente mancanza di umiltà, solo legittimi sentimenti. Se poi vogliamo fare un'analisi un po' più approfondita del voto, allora al dispiacere si aggiunge un'amarezza latente; ma non perché "ha vinto l'altra squadra", ma perché di colpo mi sono ritrovato consapevole che non si vota più per un ideale. E non ci sono più ideali.

Questo è il dato più rilevante della scorsa campagna elettorale: i due maggiori partiti non hanno mai parlato di ideali, di idee per cui valesse la pena lavorare; si sono limitati a lanciare tante proposte, sotto le quali (forse), ben nascosti, potrebbero esserci degli ideali. Ma ormai ci si vergogna di anteporre l'idea al percorso.
Gli ideali sono come dei fari, delle luci che dovrebbero illuminare il percorso; sono l'unica vera alternativa alla politica intesa come armonizzazione degli interessi.
Quando il pragmatismo prende il sopravvento per qualcuno può sembrare un'ottima cosa: finalmente proposte concrete e non parole vuote. Ma invece la situazione comincia ad essere drammatica, poiché la scelta elettorale si riduce a scegliere per "convenienze". Ognuno sente il diritto di anteporre il proprio egoismo a quello degli altri ed è così che si forma la scelta politica del cittadino (anche se definirla politica è improprio).

Il grandissimo risultato della Lega in Veneto, ad esempio, è pienamente comprensibile. Io ho un amico qui a Trento che viene da Padova e che non ce la fa più a sopportare la presenza degli immigrati nella sua città natale; ed è tra le migliaia di elettori che hanno ritenuto che votare Lega Nord avrebbe tutelato i propri interessi.
Poi magari se discutiamo dell'idea di integrazione, propria della cultura di sinistra, rispetto a quella di chiusura delle frontiere della Lega, lui si trova d'accordo con me. Ma di fronte alla scelta elettorale non ha esitato, poiché in campo non c'era una dialettica tra posizioni culturali, ma diverse risposte ad esigenze contingenti.
E il Partito del Popolo della Libertà ha saputo meglio rispondere alle esigenze degli elettori.
Meno tasse per tutti, dazi sui prodotti importati dalla Cina, frontiere chiuse in entrata, sono slogan facili da veicolare e di sicura presa sull'elettorato. Ma quello che a me dispiace non è che abbiano vinto questi punti rispetto a quelli del Partito Democratico, bensì che dietro non ci siano degli IDEALI, e che quindi la classe politica stia letteralmente distruggendo la morale e la cultura del popolo italiano con ignorante inconsapevolezza.
Per esempio, se domandi ad un elettore di Centro Destra quali siano gli ideali del PDL, lui non sa risponderti, o meglio "non può risponderti". Ti risponderà con proposte che ha sentito dire: "Il PDL crede che lo Stato costi troppo, quindi taglierà le tasse, eliminerà la criminalità mandando via gli immigrati clandestini, ecc."
Quindi l'ipotetico elettore del PDL non sa, né può sapere (a causa delle scelte della classe dirigente del partito) quali idee ci siano dietro il partito che vota.
Se infatti gli si domanda: "Ma il tuo partito è liberale?"
Egli probabilmente risponderà: "Si, certo, Berlusconi è il più grande imprenditore d'Italia, è avvio che sia a favore del liberismo!"
Ma l'ignaro elettore non sa che la politica economica di Tremonti è tutto fuorché liberale. Non sa che Berlusconi è tra i più grandi monopolisti del mondo e non è né liberale né liberista. Non sa che il libero mercato non piace a chi, come lui, ha una forte posizione da difendere. Così come per l'America le leggi del libero mercato valgono solo per le proprie esportazioni, mentre per le importazioni valgono rigidissime leggi protezioniste.
Non lo sa perché non ci sono più identità definite, non c'è più la possibilità di capire dove porta una certa strada intrapresa da un partito.
Tanto per continuare l'esempio dell'ignaro elettore che vota PDL, magari se avesse potuto assistere a dibattiti televisivi in cui non si parlava di proposte sciorinate al solo fine di aumentare i propri consensi, ma si dibatteva su idee e diversi modelli di sviluppo, egli avrebbe compreso che i dazi di Tremonti sono una via già percorsa e abbandonata dall'economia di un secolo fa, che il liberismo è più rappresentato dal Centro Sinistra che dal Centro Destra, che le leggi di Bersani in due anni hanno fatto quello che Berlusconi non ha fatto in dieci, ecc.

Si preferisce dire "noi metteremo il bonus bebè", e non "crediamo nel valore della famiglia e vogliamo tutelare chi in questi disperati scenari decide di mettere al mondo un figlio"; sia per non perdere il voto dei divorziati, o di chi non vuole figli, ma soprattutto per non dover spiegare come modificare questi disperati scenari. Oppure si dice "aboliremo l'ICI" e non "riteniamo ingiusto tassare la proprietà della casa", poiché scendere nel dettaglio dell'idea porterebbe ad uno scontro culturale tra più idee: è più importate togliere l'ICI a chi ha la fortuna di avere una casa, o aumentare a tutti il costo dell'acqua e dello smaltimento dei rifiuti? E già, perché i comuni i soldi dovranno pur prenderli da qualche parte. Magari mettendo autovelox con limiti di velocità al limite del pericoloso, tanto per far quadrare i bilanci comunali.
Cosa è più giusto? Questa domanda non se la pone nessuno, proprio perché sono spariti i riferimenti alle grandi ideologie del passato.
Da una parte, certamente, il superare i limiti imposti dalla visione sterili di alcuni ideali, che sono appunto sfociati nelle "ideologie", è stato un bene. Se il Centro Sinistra fosse stato legato alle idee di statalismo ed egualitarismo esasperato, non avremmo avuto tante ottime leggi che hanno effettivamente migliorato l'economia e la società italiana negli ultimi venti anni.
Ma il non sapere più a chi votare perché tuteli l'idea di uguaglianza e di Stato è altrettanto sbagliato.

Tutti hanno colpa, da destra a sinistra, non c'è qualcuno che sia stato capace di un dibattito culturalmente valido prima delle ultime elezioni.
Poi ci sono le valutazioni di merito. C'è chi non voleva Veronesi come ministro della Sanità perché è a favore della ricerca sulle cellule staminali, e chi in passato non voleva Sirchia, perché è corrotto e prende le tangenti (oggi è stato condannato a 3 anni). Quindi a volte ci sono scale di valori, scelte che gli elettori fanno.
Io, ad esempio, preferivo Veronesi a Sirchia. Ma questo nulla toglie al valore della scelta di chi alle precedenti elezioni ha preferito chi ha nominato Ministro della Sanità Girolamo Sirchia, credendo che meglio poteva tutelare le proprie idee, la propria morale.
Non metto voce sulle scelte valoriali, se ci sono. Metto voce e mi rammarico per le scelte fatta in ragione dei propri interessi, perdendo di vista la visione complessiva di una società giusta e progredita.
Proprio ieri sera riflettevo dei risultati elettorali con mio fratello.
La cosa evidente è che la il PDL ha vinto meritatamente, senza giochetti o compagne elettorali piene di baggianate. Ha vinto "programmaticamente".
Io vivo in una regione storicamente di mano al Centro Sinistra, che quest'anno ha visto un trionfo del PDL, ma ancor di più della Lega Nord. E questo è avvenuto non perché gli elettori sono cretini o non hanno capito che "la Sinistra è culturalmente superiore" (questo, secondo i destrorsi, è l'idea scevra di umiltà dei sinistrorsi - ndr. io credo sia un preconcetto infondato), ma perché hanno vinto le proposte del Centro Destra.
In definitiva, hanno vinto gli egoismi di una parte, in contrapposizione agli egoismi di un'altra. Nessuno si salva. Tutti colpevoli; tutti i partiti hanno contribuito a rendere più ignorante il popolo italiano ed a sminuire il valore della politica.
E su questa mia riflessione amareggiata, di come ormai la politica sia una contrapposizione di egoismi, Marco, che sta studiando attentamente il fenomeno in maniera "scientifica" e non "sentimentale" come me, mi ha letto una bellissimo pezzo di una lettera di Nicola Fiorentino, che riporto di seguito in chiusura di questi pensieri, un po' come monito, un po' come auspico.

«Tutto lo studio vostro, tutta la vostra applicazione deve consistere in anteporre il vantaggio della Repubblica al vostro, in insinuare questa massima alla cieca moltitudine, perché non vi è vera Repubblica quando ognuno è avvezzo ad anteporre l'utile proprio a quello dello stato, e perciò a brigar le cariche con ogni mezzo, a fare contratti usurai, furti, falsità, prevaricazioni, calunnie. Sì da voi, amatissimi miei giovani cittadini, da voi solo spero lo stabilimento della nostra Repubblica: attendete solamente a rendervi, e formare virtuosi i vostri; distruggete coraggiosamente quel terribile mostro divoratore delle repubbliche, chiamato Egoismo.»

(Dal discorso di Nicola Fiorentino indirizzato ai giovani cittadini studiosi nei giorni della rivoluzione napoletana del 1799)

12 aprile 2008

Aprile


Per queste Elezioni Politiche 2008 sarò segretario di seggio qui a Trento, e per la prima volta voterò nel mio nuovo comune di residenza. Sì, certo, per i Referendum mi è capitato di votare anche a Pisa, ma le Politiche sono un'altra cosa...
E, diciamocelo, per chi ancora ci crede sono un momento bello, coinvolgente.

Oggi, durante l'insediamento del nostro seggio, stremato per le centinaia di schede da timbrare e sistemare, ho avuto una specie di illuminazione: e se davvero ce la facessimo??
Non intendo solo il Partito Democratico, ma se davvero l'Italia si scrollasse di dosso questo velo di apatia e disfattismo e si rimboccasse le maniche? Se decidessimo che in fondo possiamo farcela, e che vale la pena darsi da fare per migliorare la qualità della nostra vita e quella dei nostri figli?

L'attimo dopo ero ad imprecare perché nell'estasi ottimista (durata tra l'altro non più di 20-30 secondi) avevo perso il conto delle schede.

Non lo so cosa verrà fuori da queste Elezioni. La mia unica speranza è che da questo aprile, come Nanni Moretti si auspicava in qualche Aprile di diversi anni fa, venga fuori qualcosa di sinistra. E se non di sinistra, almeno di civiltà...

5 aprile 2008

Il ciliegio è in fiore


Essere interessati al cambiamento delle stagioni è uno stato mentale più felice di essere disperatamente innamorati della primavera.
George Santayana

27 marzo 2008

Stagioni


Il mio ciliegio sta già mettendo le foglie. Preannuncia la primavera. O forse è già qui, ed io ho dovuto guardare una pianta per rendermene conto.

Oggi ho rivisto le foto che avevo scattato a questa esile piantina che ho sul balcone di casa, nei posts del 10 novembre 2007 e del 04 gennaio 2008... e, con una nota malinconica nell'animo, ho pensato di aggiungere anche quest'altra stagione, che finora mancava, poiché un'anno fa, di questi tempi, non avevo ancora preso casa.

Inutili altre riflessioni sul tempo, ne ho lungamente parlato su questo sito. Però una cosa volevo aggiungerla.

Francesco Guccini, nel 2000, uscì con un album bellissimo, STAGIONI, per l'appunto. Le canzoni erano:

Addio (intro)
Stagioni
Autunno
E un giorno...
Ho ancora la forza
Inverno '60
Don Chisciotte
Primavera '59
Addio

Ora, a ben ascoltare le canzoni, le "stagioni" rappresentavano le fasi della sua vita, valide un po' per tutte le vite. Alcune, come Autunno, sono poesia pura, fondamentalmente descrittive, ma con riflessioni filosofiche alquanto depressive; altre, come Stagioni, sono "commemorative" di un'epoca storica oramai finita.


Il punto è che, pur con diverse sfumature, tutte le canzoni sono tristi. Persino Ho ancora la forza, antitesi e in un certo qual modo anche preludio di Addio, è triste.
Alla fine di ogni stagione, si deve far la conta degli amici andati e dire: ci vediamo più tardi...

14 marzo 2008

l'Unità

«Che tutti siano uno» (Gv.17,21). Per queste parole siamo nati, per l'unità, per contribuire a realizzarla nel mondo. Chiara Lubich

2 marzo 2008

Alla Scaletta


Venerdì, Ciccio Veltre e Francesco Scigliano sono venuti a trovarmi in quel di Trento.
Abbiamo passato un fine settimana all'insegna del vivere intensamente quel poco che a vivere ci è dato.

Ciccio, Andrea Felix (mio collega di lavoro), io e Scigliano, ci siamo immersi nella Trento più vera, quella fatta di presente e passato. Dopo una visita al Lago di Caldonazzo, una cena al Pedavena, un passaggio al Centro Sociale Bruno, alla Cantinota e un drink alla Sacrestia, siamo approdati ad un luogo storico che però era chiuso: La Scaletta.

Abbiamo scattato una foto, come se chiunque potesse capire l'importanza di un posto che non ha vissuto.

Ma nessuno può. Capire, sentire sulla sua pelle le emozioni di un passato che non torna. Sotto le volte della Cantinota un tempo si riunivano ragazzi entusiasti e vogliosi di cambiar il modo: delle Brigate Rosse, però, ora non resta niente. Ragazzini viziati e menefreghisti si dimenano al suono di musica tanto stordente quanto insignificante, come animali vogliosi di dimostrare la loro originalità; peccato che risultano tristi nel loro essere uguali a se stessi.

La Scaletta, chiusa da mesi, ci ricorda che i posti di incontro tra cultura e divertimento appartengono forse ad un'altra epoca...

Guido piano, e ho qualcosa dentro al cuore; che mistero, non so neanche dove andare...

22 febbraio 2008

L'interpretazione positiva della realtà



Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell'avere nuovi occhi.

Marcel Proust

10 febbraio 2008

Il mito del Labirinto di Guzzetta


Per spiegare il titolo di questo post forse ci vorrebbe un settimana, ma per gradi proverò a riassumere gli elementi salienti che mi hanno portato a raggiungere l'incredibile illuminazione racchiusa nel Mito del Labirinto di Guzzetta.

Martedì della scorsa settimana è venuto a trovarmi, dalla lontana Svizzera, Daniele Di Lullo, compagno di Ingegneria Senza Frontiere prima, e di Sinistra Per poi.
Con lui ho lavorato per diversi giorni ad un progetto di impresa che avevo da tempo in mente e che, con passione e spirito di sacrificio (finivamo di lavorare a computer sempre dopo le due di notte), abbiamo meglio strutturato. E' da poco on-line una breve presentazione del progetto; chi fosse interessato può dare un'occhiata al sito di ICE - Interworking Center for Experimentation .


Una di queste sere di lavoro, dopo cena, viene a trovarci a casa nientepocodimenoche Giorgio Guzzetta, nostro comune ex-collega di università, nonché socio di ISF-Pi.

Giorgo si trova a Trento per un dottorato da agosto, ma ci voleva la venuta di Daniele per farci incontrare.

Dunque, tornando alla sera dell'incontro con il Guzzetta, del quale molti denunciano l'incredibile somiglianza con Saint-Simon (una reincarnazione?), ci capitò di imbatterci in discussioni profonde, al limite del metafisico. Giorgione, pur non essendo (ahimè!) né utopista, né socialista, come il nostro Henri de Saint-Simon, può almeno considerarsi una specie di filosofo.

Ed è in questa veste che quella sera ci rivelò un profondo pensiero; tale pensiero mi piacque così tanto che lo elessi subito a "mito", denominandolo "Il Labirinto di Guzzetta". Poi, però, durante le discussioni seguenti a tale rivelazione filosofica, l'aneddoto si arricchì anche di mie riflessioni, tant'é che alcuni studiosi lo chiamano ormai Il Mito del Labirinto di Guzzetta-Martino.

Ed è questa ultima versione che ora vado a raccontarvi, cosicché possiate anche voi beneficiare della saggezza di Padre Guzzetta (ebbene sì; Giorgio oltre alla somiglianza con Saint-Simon, ha un'illustre omonimia).

La vita è come il cammino in un labirinto. E gli uomini credono che lo scopo sia quello di trovare l'uscita. Ogni uomo o donna ha il suo personale labirinto, che è diverso da quello di ogni altro. In questo labirinto sono disseminati per terra tanti pezzi di un puzzle e l'immagine che vien fuori dalla composizione di questo puzzle non è altro che la mappa del labirinto stesso.
Noi uomini, quindi, siamo alla perenne ricerca di questi pazzi pezzi di un impossibile puzzle; impossibile perché i pezzi non sono facili da comporre, in quanto non è detto che quelli che trovi si riferiscono alla medesima parte della mappa. Oppure magari riesci a comporre una parte della mappa, poiché hai trovato una decina di pezzi contigui, ma non è detto che tale pezzo rappresenti la zona della mappa in cui ti trovi, e quindi ti è inutile per uscire dal labirinto. Può essere per fortuna, caso, o Provvidenza che a volte trovi dei pezzi utili, che ti aiutano a comporre una buon pezzo di mappa, e ti sembra di capire dove ti trovi e dove devi andare. Spesso gli uomini provano a condividere questo tipo di intuizione con gli altri. Alcuni scrivono libri, altri fondano religioni, ma tutti hanno in cuore l'obiettivo di condividere col prossimo la propria mappa. Peccato che i labirinti rappresentati siano differenti. Certo, alcune cose sono simili, come le pareti, la pavimentazione di cui è fatto il tracciato, e quindi il confronto con l'altro è alla base della crescita dell'individuo; perfino la tecnica per comporre i pezzi può essere importante confrontare col prossimo. Ma resta il fatto che siamo fondamentalmente soli in questo cammino.

Quindi gli uomini si affannano a raccogliere quanti più pezzi possono, ma spesso la morte li coglie che sono a pochi metri di distanza da dove sono partiti. Molti girano in tondo, altri arrivano quasi vicino all'uscita del labirinto, senza rendersene conto. Fatto sta che, se qualcuno riesce ad uscire, non può spiegarlo agli altri.

13 gennaio 2008

Partiremo un giorno in due

...Partiremo un giorno di autunno,
perché sono i turisti che partono d'estate.
Partiremo di autunno perché non abbiamo paura di andare incontro all'inverno.
E partiremo di mattina presto,
per mettere, durante il primo giorno di viaggio, quanta più distanza è possibile tra noi e la nostra casa;
così che, a sera, non ci venga in mente di tornare indietro.

Partiremo in due.
Due amici, due amanti, due nemici, due complici, due pellegrini, due fuggitivi.
Due di due concetti, di due cuori, di due opposte sensibilità, due di due idee, ritrovate una volta in un libro, poi dimenticate.

Partiremo perché è ora, non perché dobbiamo.
Partiremo perché vogliamo, non perché è tardi.
E, soprattutto, partiremo per non arrivare, perché in fondo non ci è mai interessato;
perché la vita ci ha insegnato
che è la strada che fa il pellegrino,
non la meta.

12 gennaio 2008

Per quanto io odii la solitudine

Chi cammina solo può partire oggi, ma chi viaggia in compagnia deve attendere finché l'altro non è pronto.

Henry David Thoreau

8 gennaio 2008

one year ago

Esattamente un anno fa, l' 8 gennaio 2007, salii a Trento per un colloquio di lavoro. E per un intero anno ho avuto il buon senso di starmene calmo (salvo una puntatina in America...) . Ora il WWT torna spesso e insistentemente ad occupare i miei pensieri. Il lavoro, pur andando bene, è diventato meno piacevole degli inizi, a causa principalmente di un cambio di gestione al vertice dell'Agenzia di Trento. Quindi penso spesso a qualche cambiamento, qualche novità da introdurre per rendere il quotidiano straordinario. What can we wait by 2008?

4 gennaio 2008

Withe Landscape


Ieri sera, alle 21.40, dopo 8 ore del solito megaviaggio sui soliti treni affollati e progettati per viaggiatori senza valigia, sono arrivato a Trento con Maria Giovanna. E nevicava.
Trento bianca, di notte, è stupenda.
Anche questa mattina, appena svegliato, lo spettacolo che si è rivelato alla tenue luce del sole è stato bellissimo: neve tutta intorno, che, come un colore sfumato di Friedrich, smaterializzava il paesaggio e lo rendeva surreale.

Come di consueto ho fatto una foto al ciliegio nano che ho sul balcone di casa... silenzioso testimone del susseguirsi repentino delle stagioni.
La cosa strana (e decisamente piacevole) di quando nevica, è che il freddo è più che sopportabile; la temperatura si attesta intorno agli 1-2 gradi e rimane costante. Ho sofferto il freddo molto di più, ad esempio, questo Capodanno, in Toscana. Sono stato per 3 giorni, con quasi tutta la famiglia da parte di madre, a Loppiano, vicino Firenze, e, benché ci fosse spesso il sole, il freddo era tagliente.

Ed ora una poesia sul nuovo anno che ho scritto in un attimo di scoraggiamento a Capodanno del 2006.


Titolo: 01/01/2006, ore 6.05 a.m. (alla finestra)
L'alba del nuovo mondo,
il sole del nuovo anno,
sorge lì, dietro le montagne.
Ed io non la scorgo.

Buon 2008 a tutti. E buona vita.