Cerca nel blog

24 febbraio 2012

La solitudine del Project Manager stanco

La vita del Projcet Manager è una vita difficile. E lo dico senza ironia, né mancanza di rispetto per i lavori veramente usuranti.
Il PM vive in una dimensione in cui lo stress è la regola quotidiana, le scadenze e gli obiettivi sono esami continui, non può riposare mai perché, in ogni istante, c'è qualcosa che aspetta di essere consegnato; che siano giorni lavorativi o no, giorno o notte, il progetto è lì che aspetta di essere concluso; la mente non è mai sgombra dai pensieri e dalla responsabilità di ottenere un buon prodotto/servizio.
E, quando questa tensione al risultato non è condivisa da tutto il team di lavoro, il PM si sento solo, sotto il peso degli obiettivi che deve comunque centrare.
Ma c'è di più...

Oggi c'è stata, a Roma, la presentazione del portale myCAF.it e si è così conclusa una fase cruciale del Piano di Comunicazione Online di CAF ACLI Italia, che sto coordinando come Project Manager di Archimede.
La presentazione del progetto è stata un successo: il sito web e il piano di comunicazione di supporto sono stati brillantemente illustrati dal Management di CAF ACLI ai responsabili delle ACLI Service d'Italia.
Ma nell'istante stesso in cui mi rendevo conto che non avrei avuto più la tensione per questo progetto, già mi mancava!
Il senso di stanchezza che provo ora, mentre aspetto un treno che mi riporti a Trento, è incomunicabile. Non è solo stanchezza fisica e mentale, ma è quasi una frustrazione, sintomatica della sindrome da abbandono... Ecco i PM vivono continuamente questo distacco dai progetti per i quali hanno vissuto giorno e notte, e si sentono abbandonati da idee che hanno partorito con sacrificio. Ma il distacco è necessario, perché il progetto possa ritenersi compiuto.
In definitiva, quindi, i Project Manager devono mettere tutte le loro energie nella realizzazione di un progetto per poi abbandonarlo; e, nella peggiore delle ipotesi, vederlo naufragare per la mancanza di una corretta gestione.
Che vita di m(anagement)!!

DISCLAIMER:
Una volta ho scritto della Consapevolezza del Viaggiatore Stanco; oggi della Solitudine del Project Manager Stanco... Forse entrambe sono solo farneticazioni: quando leggete "stanco" nel titolo, ogni considerazione potrebbe essere il mero frutto delle poche ore di sonno dei giorni pregressi.

19 febbraio 2012

Una fame da lupo...

Con una fame così, è il lupo che deve stare attento a Cappuccetto Rosso e non il contrario!



5 febbraio 2012

L'italianità nella pubblicità (al tempo della crisi)

La pubblicità della nuova Fiat Panda, che in questi giorni sta riempendo gli spazi pubblicitari dei principali canali televisivi, punta su un "valore" fra i più in voga nei tempi di crisi: l'appartenenza ad un popolo.
Non è una leva nuova nella pubblicità, soprattutto nel settore automobilistico (anche Francia e Germania ne hanno fatto spesso uso in passato), ma vederla usata dalla Fiat è stata, per gli esperti di marketing, una sorpresa.

Si tratta di uno spot fatto indubbiamente bene, che tuttavia lascia interdetti se si pensa che i manager della multinazionale italiana hanno più volte dichiarato di essere pronti a portare all'estero la produzione (più di quanto già fatto finora).


Lavorando in un'agenzia di comunicazione, spesso mi capita di riflettere sull'efficacia di un concept la cui ambiguità può pregiudicarne il risultato. Mi sono quindi domandato, si può usare il valore dell'italianità in uno spot tv, indipendentemente dalla coerenza con le politiche industriali attuate dalla società?
La risposta, in linea del tutto teorica è "no", gli utenti pretendono coerenza fra la comunicazione del brand e i suoi aspetti identitari. Ma la situazione oggigiorno è un po' più complessa. 

Analizzando la strategia di copy che è stata usata per questa pubblicità, emerge uno schema veramente molto serrato sull'italianità, tanto da risultare perfino stucchevole in certi passaggi.
Ecco una mia interpretazione del modello che l'agenzia pubblicitaria ha seguito nella creazione della pubblicità:
  • Consumer’s benefit: dare un contributo all'uscita dell'Italia dalla crisi economica
  • Reason why: la Panda è fatta bene, perché è fatta da italiani
  • Supporting evidence: l'Italia vista nei suoi vari aspetti, sia critici che positivi
  • Tone of voice: autorevole, drammatico, a tratti epico
  • Target: italiani (tutti, patriottici e italo-scettici)
(Interpretazione dei campi: Consumer’s benefit è il vantaggio che il prodotto promette al consumatore; Reason why è l’argomento razionale che la pubblicità fornisce per rendere credibili i vantaggi promessi dal prodotto; Supporting evidence è il supporto retorico che avalla la credibilità della promessa strategica; Tone of voice è la modalità espressiva di presentazione dei vantaggi e dei relativi argomenti; Target è la definizione precisa della categoria di pubblico cui ci si rivolge).

Di fronte ad uno spot del genere, in considerazione della crisi economica che stiamo vivendo e in ragione dello scontro sindacati-Fiat che da due anni occupa le cronache dei telegiornali, è legittimo domandarsi se questa strategia di comunicazione è realmente efficacie.
La risposta è "sì". Prima di avanzare ipotesi sul perché lo sia, analizziamo un po' di dati.
Ecco i risultati di un sondaggio condotto da alvolante.it proprio sull'efficacia di questa pubblicità:

La percentuale cumulata fra chi trova lo spot "efficacie e appropriato" (54%) e chi lo trova "efficacie ma un poco retorico" (24%) è del 78%. Quindi un parere decisamente favorevole.
Ma allora ben pochi si pongono il problema che per Fiat l'essere italiani non è un valore ma un peso, come spesso dichiarato?

Io credo che i fattori di efficacia dello spot vadano ricercati nelle particolari "condizioni al contorno" nelle quali si inserisce. In particolare, è un fatto che le situazioni di crisi portino ad acuire il senso di appartenenza ad un popolo o ad uno stato.
La crisi economica, quindi, affievolisce la capacità di analisi critica dei cittadini. Tutti desideriamo uscirne. Tutti desideriamo "potercela fare". Se il nostro contributo di cittadini può limitarsi alla scelta "acquisto italiano", ci sentiamo in grado di fare la nostra parte e in qualche modo siamo grati a chi ci consente di farla.

Sempre sul concept "l'Italia può vincere", ecco il video promozionale dedicato al canale web, sempre per il lancio della Fiat Panda.


Come è evidente, il modo di trattare la leva dell'italianità è diverso dallo spot TV. Sul web il tasso di interazione degli utenti e la loro capacità di discussione sono spesso un boomerang per i concept che prestano il fianco a facili critiche. Ecco quindi che lo sviluppo della leva è giocoso e spinge sul confronto con gli altri stati produttori di automobili (Germania, Francia e Giappone). In questo caso è facile "tifare" per l'Italia.
Ecco un'analisi della copy strategy per questo spot:
  • Consumer’s benefit: vincere, arrivare primi, come nazione su altre nazioni
  • Reason why: la Panda è fatta bene, perché è un prodotto italiano
  • Supporting evidence: la Panda, scattante e sicura, vince un'immaginaria competizione
  • Tone of voice: simpatico, ironico, canzonatorio per gli altri stati
  • Target: giovani italiani, prevalentemente utenti web
Anche in questo caso, la crisi economica gioca un ruolo centrale nell'apprezzamento della pubblicità, perché "l'italiano non ci sta ad arrivare ultimo" sulla scena europea e mondiale.

Un altro esempio di utilizzo dell'italianità nelle pubblicità di questi giorni, pieno zeppo di luoghi comuni, ma comunque molto apprezzato, è lo spot della Proraso.
Nonostante certi passaggi possano apparire banali, è coinvolgente ed efficacie.


Che si tratti della Fiat, della Proraso o dell'aumento di capitale di Unicredit, l'italianità nei tempi della crisi è una leva che torna comoda. Ma la sua efficacia, lo ripeto, è soprattutto legata al fatto che gli italiani, nei momenti di difficoltà, diventano acritici e vulnerabili, disposti a credere che basti acquistare un prodotto Made in Italy per fare la propria parte.
E poi magari lo pagano in nero...