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13 giugno 2011

Felice incredulità

Referendum 2011: affluenza al 57% (in Trentino Alto-Adige oltre il 64%) e 95% di .
Ecco, io non ci credevo, ma è successo. Ora tocca restare in Italia...


9 giugno 2011

Cos'è il Web 3.0

Esco ora dall'esame di Ingegneria del Web 2 e corro a scrivere di Web 3.0.
Lo faccio perché trovo tremendamente fuori luogo che nelle università si studino cose non attuali.
Le teorie economiche che studiamo sono vecchie di secoli, quelle dominanti ci hanno fatto cadere in decine di crisi mondiali, eppure le continuiamo a studiare ed applicare.  Immaginate uno studente di medicina che si veda insegnare da un docente universitario la pratica del salasso; cosa dovrebbe fare??
Ecco, nelle università italiane (e non solo) si studia ancora l'Economia Neoclassica e non Manfred Max-Neef (per citarne uno fra i tanti che hanno formulato idee "attuali" in ambito socio-economico).

Riguardo ad internet, dove tutto corre e si evolve velocemente, studiare oggi il Web 2.0 significa essere in ritardo non di 6-7 anni (a quando risale la prima definizione di 2.0), ma di 70!
Per questo sento l'esigenza di parlare di Web 3.0, del web come lo viviamo oggi, per darne una mia definizione e capire alcune dinamiche che stanno prendendo piede.

Prima di iniziare devo sgombrare il campo da equivoci. C'è chi parla di Web 3.0 già da anni, intendendo una pluralità di cose poco chiare e ancora lontane dal realizzarsi; dal web semantico, al web 3D, passando per le interazioni con applicazioni di intelligenza artificiale. NON SONO ASSOLUTAMENTE D'ACCORDO. Si tratta di cose di là da venire, spesso progetti troppo accademici (come il web semantico) che richiederebbero decenni per trovare piena realizzazione. E nel Web i decenni sono secoli.

Che senso ha, quindi, utilizzare queste definizioni? Mi riprometto di aggiornare Wikipedia...

Spesso chi lavora sul web si imbatte in termini nuovi, che fino al giorno prima non esistevano. A volte sono il frutto di fortunati articoli giornalistici che descrivono in maniera brillante i fenomeni presenti sul WWW, la rete li fa suoi, ed i concetti e termini proposti diventano conoscenza condivisa. Altre volte i nuovi termini sono la sintesi spontanea, generata dalla rete stessa, di concetti ampiamente metabolizzati, ma che non potevano essere riassunti in un solo nome, finché la loro diffusione non fosse stata sufficientemente ampia da garantire riconoscibilità ed univocità del significato ad essi associato.

Il termine Web 2.0 sta a metà tra i due "processi di denominazione". Aleggiava nella rete già da tempo, ma venne cristallizzato da un articolo di Tim O'Reilly (Cos'è Web 2.0) che descriveva un brainstorming nel quale erano emerse le caratteristiche di base delle evoluzioni del Web degli ultimi anni.
Si identificarono una serie di fenomeni/funzioni di ordine sociologico/tecnologico che costituivano una vera evoluzione del Web (anche se a sentire le intenzioni del creatore, Tim Berners-Lee, queste funzioni erano già nell'idea iniziale di world wide web).

Quella che andrò a descrivere, quindi, è una mia personale interpretazione di come si è evoluto il web ad oggi; saranno poi gli stessi internauti a decretare l'efficacia o meno di questa definizione; e, soprattutto, la necessità o meno di etichettarla con il termine Web 3.0.

Dunque, volendo sintetizzare in una frase la definizione che io darei al web di oggi, potrei dire: Il Web 3.0 è capace di rispondere alle interazioni degli utenti modificando la realtà ad un livello profondo, paragonabile agli effetti di interazioni fra utenti reali.   

La diffusione delle reti sociali, delle tecnologie per tracciare le preferenze utente, la saturazione dei mercati tradizionali e l'esigenza per le aziende di una comunicazione sempre più one-to-one, la geolocalizzazione, la fruizione del web su dispositivi mobile e i QR code, la tendenza a cercare referenze sui contenuti per districarsi nell'enorme mole di materiale presente sul Web, la velocità con cui si dà o riceve una referenza e tante altre concause di livello tecnologico e sociologico sono alla base dell'aumentato potere del Web e delle sue possibilità concrete di agire direttamente sulla realtà.

Ecco un'immagine che può schematizzare il tipo di evoluzione della relazione utente-web.
Si parte, nell'epoca della nascita del Web, da un tipo di relazione passiva, in cui l'utente essenzialmente usufruiva di contenuti presenti in rete. Si passa per il Web 2.0, in cui l'utente interagisce sempre più sui siti e diventa egli stesso creatore di contenuti. Si arriva poi ad una terza fase in cui il Web genera un nuovo output capace di modificare la realtà dell'utente; si crea cioè un ritorno dell'interazione all'utente stesso, che non è più il frutto diretto e meccanico della sua azione, ma bensì "una risposta" del Web.

Dopo questi concetti molto astratti, cerchiamo di capire cos'è il Web oggi a partire da esempi pratici, esposti un po' frammentariamente perché fare una discussione strutturata su fenomeni così fluidi e dinamici è piuttosto complicato.

Le rivoluzioni dei paesi del Nord Africa di questi giorni sono nate sul Web. Si sono coordinate sul Web. Hanno avuto risonanza grazie al Web. Hanno fatto cadere governi nel mondo reale.
Mai niente di tutto ciò era accaduto, né lontanamente pronosticabile, quando si parlava, nel 2004, di Web 2.0.

La possibilità di ricevere, proprio mentre faccio check-in al cinema con il mio cellulare, uno sconto sul biglietto di ingresso al prossimo film in programmazione nella sala, è una risposta ad una mia azione. Anche se il check-in l'ho fatto al solo scopo di condividere con i miei amici posizione o interessi, la piattaforma mi risponde (più o meno intelligentemente a seconda di quanto è sofisticata la strategia di advertising pianificata dal gestore del cinema).

Gli utenti web di oggi sono sempre più pigri e si affidano ai search engine (e a Google in particolare) per qualsiasi ricerca di informazioni; perdono, o rinunciano, a parte del loro potere di discernimento affidandosi alla SERP (pagina dei risultati) di Google per azioni che hanno ricadute sul reale.
Non essere posizionato nei motori di ricerca, ad esempio, per un hotel può voler dire fallire.
Anche una singola recensione negativa su un portale come TripAdvisor può avere effetti disastrosi sulla brand reputation online e quindi conseguenze sul business reale.

Nel Web 3.0 sono poi cambiate le piattaforme sociali, i siti di riferimento per la fruizione di servizi e/o contenuti, il modo stesso di generare contenuti da parte degli utenti e dei publisher professionali, il modo di cercarli, di aggregarli.
A puro titolo esemplificativo ho provato ad aggiungere alla tabella realizzata da O'Reilly per spiegare il Web 2.0 una colonna che introducesse il concetto di Web 3.0.
Un confronto fra Web 1.0, Web 2.0 e Web 3.0
(Qui vi segnalo il file in Google Docs, per chi non riuscisse a leggere bene o per chi volesse provare a suggerire ulteriori confronti fra le evoluzioni del Web.)

Senza entrare nei dettagli di ogni sviluppo che ho provato ad identificare, mi vorrei solo soffermare sul concetto di Referenza Sociale (social reference).
Innanzitutto i legami deboli generatisi grazie al proliferare della "cultura social" hanno implicazioni dirette nella creazione dei fenomeni proprio del Web 3.0.
Nel seguente documento, scritto alcuni mesi fa nell'ambito di studi di organizzazione aziendale, avevo identificato i tratti salienti dei legami deboli creati sui Social Network.


Ad esempio, la rete sociale che ognuno degli oltre 600 milioni di individui presenti su Facebook si porta dietro, ha una sua autonoma capacità di influire sulle scelte dell'individuo e della società nel suo complesso.
Per questa ragione il diffondersi del Mi Piace di Facebook è stato seguito a ruota del pulsante PlusOne di Google (+1). Da pochi giorni, infatti, chiunque abbia un account Google può segnalare alla propria rete sociale le sue preferenze di contenuti presenti sul Web, utilizzando il pulsante +1 (che potete trovare anche su questo sito).
E da militante SEO di lunga data sono certo che Google utilizzerà i dati raccolti per modificare l'algoritmo che gestisce i risultati di ricerca.
(A quest link vi segnalo uno scambio di opinioni con un altro esperto SEO riguardo questo tema).
La referenza sociale, quindi, pare sostituire tanti altri criteri prima ritenuti importanti (dal Page Rank alla Keyword Density).
Non tanto tempo fa, infatti, scrivevo su questo blog:
[...] Non sarei sorpreso, ad esempio, che Google iniziasse a monitorare tempo di permanenza e pagine visitate in un sito, oltre alla frequenza di rimbalzo (ovvero chi abbandona il sito nei primi 30 secondi di navigazione), per premiare la qualità dei contenuti e la user experience.
In questo modo si applicherebbe una logica ancora più "democratica" al web: si trasformerà cioé la navigazione dell'utente in una sorta di "voto di qualità" al sito che sta visionando.
Ecco, la previsione si è avverata in pieno. Cos'è, in fondo, il Mi Piace o il +1 se non un voto ad un contenuto web? Quello che poi bisogna tener presente è che questo voto ha un potere incredibile, in grado di avere ricadute sulla realtà come mai prima era successo. Non è detto infatti che "la folla" sia sempre intelligente. E non è detto che il rumore di fondo delle referenze sociali di certi contenuti debba scalzare legittimamente dalle prime pagine dei motori di ricerca siti web validi ma poco referenziati. In fondo l'accesso all'informazione è una cosa seria ed io non vorrei mai che la maggioranza decidesse per me cosa è giusto che io mi trovi per primo su Google...

Comunque questo è il trend che il Web ha oggi; per fare un gioco di significati con i numeri 2.0 +1 = 3.0
... cioè il Web 2.0 unito alla referenza sociale si potenzia e diventa 3.0!

Ma sarà vero tutto ciò? Il modo migliore per capirlo è provare ad ipotizzare cose ancora non realizzate, ma che, quando accadranno, saranno la conferma esplicita di un trend iniziato molto prima...

Diciamo che in un domani non lontano andrete in un supermercato e vi capiterà di puntare il cellulare su un QR code di un prodotto per ricevere informazioni dettagliate sul prodotto stesso. E fin qui nulla di eccezionale. Poi all'improvviso, sull'etichetta elettronica con il prezzo del prodotto, comparirà un'offerta di "Prova Primo Acquisto" con  uno sconto a voi riservato; sul cellulare compariranno i nomi dei vostri amici che l'hanno già provato e fatto I-like su Facebook o +1 su Google. Vi recherete alle casse e, mentre starete pagando con il sistema RFID del vostro telefonino il nuovo prodotto acquistato, partirà in automatico un +1 sul sito del produttore, orgoglioso di pubblicizzare il crescente numero di clienti acquisiti...

Vi ricorderete di questo post e avrete paura, pensando all'avvento del Web 4.0.
Ma ne sarete già parte.

:-)



5 giugno 2011

La libertà economica e lo Sviluppo su Scala Umana di Max-Neef

Questa mattina sono andato ad ascoltare Manfred Arthur Max-Neef che spiegava al "popolo" del Festival dell'Economia di Trento, in cosa consiste il suo modello di Sviluppo su Scala Umana.

L'incontro era stato organizzato da Habitech, società con la quale collaboro in qualità di Project Manager per la realizzazione dei portali odatech.it e greenmap.it (quest'ultimo ancora in fase di realizzazione).
Mi ero quindi recato più per conoscenza dell'ente curatore che per la curiosità di ascoltare l'ospite relatore.

Ma è stata una piacevole sorpresa scoprire questo quasi ottantenne economista cileno che va in giro per il mondo difendendo un valore fondamentale: "Assolutamente, in nessuna circostanza, un processo o un interesse economico può prevalere sul rispetto per la vita".
E da oltre vent'anni sostiene la necessità di attuare un modello di sviluppo basato su tale valore e su 5 semplici postulati (frutto della sua teoria economica transdisciplinare "Human Scale Development"):
  • L’economia esiste per servire le persone, e non le persone per servire l’economia.
  • Lo sviluppo riguarda le persone, non gli oggetti.
  • La crescita non è la stessa cosa dello sviluppo e lo sviluppo non necessariamente ha bisogno di crescita.
  • Nessuna economia è possibile in assenza dei servizi forniti dagli ecosistemi.
  • L’economia è un sottosistema di un sistema più grande e finito, la biosfera, per cui una crescita permanente è impossibile.
Al sentire l'enfasi nelle parole di Max-Neef mi è tornato in mente l'entusiasmo provato durante le lezioni di un corso di formazione organizzato nel 2004 con Ingegneria Senza Frontiere di Pisa, dal significativo titolo: "La Sindrome dello Sviluppo (In)sostenibile".
Sentivo allora parlare per la prima volta di Decrescita, Bioeconomia, Human Development Index e tanti altri concetti che negli anni successivi di studi economici non ha mai più incontrato.
Mentre li studiavo e ne discutevo con gli amici di ISF sembrava quasi che fossero lì lì per essere al centro del dibattito internazionale e della scena politica italiana. Ma dopo più di un lustro siamo ancora assillati da concetti obsoleti come PIL, inflazione e crescita economica.

Sentire Manfred Max-Neef è stata quindi una nuova iniezione di fiducia, un modo di ricordarmi che si possono creare le condizioni per una felicità umana diffusa e condivisa, che però nulla ha che vedere con la crescita economica a tutti i costi.
Pensando poi al tema centrale di questa sesta edizione del Festival dell'Economia, cioè "I confini della libertà economica", mi sorgeva spontanea una sintesi dei tanti concetti ascoltati nelle varie conferenze:
La libertà economica del singolo finisce lì dove si rischiano di compromettere i bisogni essenziali e la dignità del prossimo.

Sembra banale, ma la sua traduzione nella realtà resta oggigiorno disattesa. Vorrebbe infatti dire: "la tua libertà di acquistare un future lungo sul prezzo del grano a 5 anni finisce lì dove tale azione rischia di affamare anche un solo individuo in un qualsiasi paese del mondo". E, per quanto assurdo sembri, la speculazione finanziaria, in nome della libertà economica sancita del capitalismo, mortifica quotidianamente il valore fondamentale propugnato da Max-Neef.