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17 febbraio 2024

Invito alla lettura di "Equazioni dell’umano" di Alida Maria Sessa

Ho recentemente letto un bellissimo libro di poesie: "Equazioni dell’umano" di Alida Maria Sessa, edito da De Luca Editori D'Arte.

Credo sia un libro nel quale immergersi con il coraggio di lasciarsi interpellare dai versi, senza indietreggiare di fronte alle risposte che emergeranno nel proprio animo.

Come l’autrice scrive in un suo componimento: “La poesia è un veicolo emotivo, ci sali sopra e ti porta lontano o sfreccia in aria e voli sul vuoto”.

Il vuoto può far paura, così come le emozioni non positive, ma nella vita tutto va vissuto con intensità e il poeta diventa una sorta di Virgilio che ci accompagna nel nostro inferno interiore, passaggio necessario per poter assaporare anche gli sprazzi di paradiso. 


Le emozioni veicolate dai versi di Alida Maria Sessa sono comunque sempre molto complesse, non riducibili ad una valutazione in bianco e nero; si tratta piuttosto di variegate palette cromatiche, dove anche le tinte più cupe nascondono sprazzi di luce. Il lettore sale sulla poesia e si lascia portare dove ha bisogno di andare, dove un ricordo dell’autrice ne risveglia uno suo, dove una riflessione colta in un verso ne richiama un’altra assopita da tempo, dove un dispiacere apre ad una ferita, dove una ferita apre ad una scoperta, dove una scoperta apre ad una gioia viva, vera. Mentre.
Mentre il verso interrotto ci lascia tutto il gusto dolceamaro di aver condiviso con la poetessa una stessa emozione, un medesimo stato d’animo, pur se partorito da menti e cuori diversi.

Come spesso accade per le raccolte di poesie, il libro non è facile da descrivere, poiché ogni componimento è un’esperienza a sé, che merita di essere vissuta, più che raccontata.

Quella che può essere raccontata è, al limite, la struttura dell’opera. Il libro consta di cinque sezioni che raggruppano un totale di novantatré poesie. La prima parte, che dà nome al libro, è titolata “Equazioni dell’umano”; la seconda parte contiene “Poesie sulla poesia”; la terza parte è titolata “Family Life”; la quarta parte, riprendendo il verso di una poesia, titola “I pesci non vedono l’acqua”; l’ultima parte è denominata “Il buffo dell’amore”.

Le sezioni non costituiscono un vero e proprio raggruppamento antologico, sebbene ci siano alcune tematiche comuni (si va dalla fisica quantistica della prima parte all’amore dell’ultima, passando per contagiosi ricordi di luoghi e persone); si tratta piuttosto di un modo di vedere le cose, che influenza il percorso del lettore verso la scoperta della poetica dell’autrice.

Se la poesia sta nell’intenzione con cui ogni giorno posi lo sguardo, come recita Sessa nella poesia “Stringere la vita”, allora l’intenzione posta da chi scrive è di per sé un faro che aiuta il lettore a guardare con occhi nuovi al suo vissuto (passato, presente o futuro che sia).

Trovo che questo sia il grande pregio della poetica di Alida Maria Sessa, ci accompagna in una ricerca di significato che è il significato stesso dell’esperienza letteraria offerta al lettore, parafrasando un verso dalla sua poesia “Vita”.

Potrei citare decine di versi di rara bellezza che mi sono rimasti impressi, ma ribadisco che, per godere dell’opera letteraria, bisogna affidarsi all’esperienza diretta: è solo attraverso la lettura del libro che si può percepire la bellezza e completezza dell’esperienza estetica costruita dalla scrittura di Alida Maria Sessa.

Una nota finale meramente di natura tipografica: avrei preferito che le belle tavole di Enrico Benaglia che accompagnano le sezioni del libro fossero state a colori, per rendere giustizia all’ampiezza delle “sfumature emotive” di cui Sessa è stata capace.


13 maggio 2023

Dalla Ricerca alla Domanda, dalle Informazioni alle Risposte

 Riporto un articolo scritto per GESTA, dal titolo Quale futuro per la SEO, al tempo dell’Intelligenza Artificiale?


Dalla Ricerca alla Domanda, dalle Informazioni alle Risposte

Il fenomeno del crescente ricorso alle soluzioni di Intelligenza Artificiale per acquisire informazioni, avrà un impatto enorme, è ormai chiaro, sui Motori di Ricerca per il Web e, a cascata, sulle attività di ottimizzazione, dette SEO (Search Engine Optimization).

Il successo dell’AI ChatGPT ha portato, nel giro di pochi mesi, tutti i principali player nel settore dei Search Engine a dotarsi di proprie soluzioni (dal nuovo Bing di Microsoft a Bard di Google), per evitare di perdere quote di mercato e offrire un’esperienza sulla ricerca delle informazioni all’altezza delle aspettative degli utenti.

Le nuove aspettative degli utenti per quanto riguarda la ricerca Web, secondo una nostra analisi, si basano essenzialmente su tre aspetti, che hanno peso diverso a seconda del profilo-utente e per questo parleremo di “livelli di aspettative”:

  1. LINGUAGGIO

    L’AI offre un’esperienza basata sul dialogo naturale, che è ovviamente più semplice e appagante della ricerca per parole chiave, perché aiuta l’utente ad esprimere meglio il suo bisogno e la macchina a fornire informazioni più precise, grazie al fatto che il modo stesso di porre le domande contiene un “search intent” più chiaro (rispetto alle keywords o anche alle key-sentences che Google comunque già sapeva elaborare semanticamente).


     

  2. ELABORAZIONE

    L’Artificial Intelligence aggrega informazioni da più fonti e le compone fra loro, fornendo non solo una “risposta a una domanda”, ma spesso un vero e proprio “lavoro svolto“. Si pensi allo sviluppo di codice, alla capacità di riassumere testi, alla possibilità di scrivere in autonomia libri (o almeno la scaletta dei contenuti) a partire da una semplice frase di poche parole. Questa capacità di elaborare dati e informazioni è molto più avanzata di quanto potevano fare prima i motori di ricerca, ad esempio tramite l’aggregazione in SERP (Search Engine Results Page) di risposte estratte dai dati strutturati (markup usati nelle pagine web per indicare, ad esempio, prezzi, recensioni, orari di apertura, eventi e tantissime altre informazioni specifiche e “catalogate” secondo uno schema noto ai Motori di Ricerca).


     

  3. ESPERIENZA D’USO – COMODITÀ

    Diretta conseguenza dei due livelli precedenti, è un’esperienza d’uso unica, soprattutto per quanto riguarda la comodità di accesso alle informazioni. Ci vengono spiattellate in chat decine di concetti che prima avremmo dovuto cercare e aggregare singolarmente. Ci arrivano risposte anche su temi che non conosciamo per nulla e che in passato avremmo dovuto studiare per arrivare ad un elaborato e/o un lavoro svolto. La facilità è diventata veramente “estrema”, per cui il livello 3, così come è stato per il Voice Search, è qualcosa che sta cambiando le abitudini degli utenti in maniera irreversibile.



Robots che ricercano sul Web con l'AI

 Va detto che questi livelli di aspettative erano già presenti negli utenti dei Motori di Ricerca (in particolare in quelli di Google, che sono oltre il 91% a livello globale), ben prima dell’avvento dei modelli di linguaggio basati sul machine learning. Si pensi alla correzione degli errori di battitura, ai suggerimenti real-time nella barra di ricerca, ai già citati rich-snippets, nonché alla capacità di partire da due o tre parole per estenderne il significato (aggregando informazioni implicite, come la località, l’orario in cui si fa la ricerca, il proprio profilo socio-demografico, etc.) e fornire così risposte precise all’intento di ricerca.

Ma nel recente passato le priorità erano altre ed hanno fatto sviluppare sia i Motori di Ricerca che il Web verso un certo tipo di struttura dell’informazione.

Si pensi ad esempio alla “freschezza dei contenuti”. Su una data parola chiave, poniamo “Giro d’Italia“, stiamo cercando la storia della celebre gara ciclistica, il percorso dell’edizione 2023, oppure il risultato della tappa odierna? Fare questa stessa ricerca 13 anni fa, rispetto ad oggi, avrebbe generato una tipologia di contenuti in SERP completamente diversa.
Non dimenticherò mai l’avvento di Google Panda nel 2011 (un cambiamento dell’algoritmo di ranking che premiava siti con notizie aggiornate e Social Network) e quanta importanza diede all’aggiornamento continuo dei siti web. Fu un bello scossone nel mondo della SEO, ma ha cambiato l’idea stessa di sito web: da vetrina ad hub contenutistico continuamente aggiornato.

Di contro, l’Intelligenza Artificiale di ChatGPT ha un limite alla freschezza delle informazioni, poiché è stata addestrata in uno specifico periodo di apprendimento, oltre il quale essa stessa dichiara di non poter andare (settembre 2021, ad oggi, quindi più di un anno e mezzo fa). E il grosso delle informazioni l’AI le ha prese dal Web, quindi proprio da quei contenuti che si erano modellati sulla base delle evoluzioni dei motori di ricerca. Questa formazione statica, basata su un Web dinamico, crea un problema sulla qualità delle informazioni fornite da ChatGPT non da poco. È facile supporre che le AI di domani avranno un apprendimento dinamico.

Cosa succederà quindi al “database” del Web e alla SEO?

Le recenti soluzioni AI di Bing e Google integrano le capacità di linguaggio alla ricerca continuamente aggiornata, tramite i loro crawler (qui un esempio autoriferito su Bard di Google), quindi sembra che il limite dell’obsolescenza dei dati sarà presto superato. Tuttavia, i livelli di aspettative, generati soprattutto da ChatGPT, imporranno una sempre crescente capacità di elaborazione dei dati tramite deep learning, da parte delle AI usate come fonte di informazioni.
Probabilmente, quindi, il Web continuerà ad essere ancora per molto tempo il “database” principale sul quale le Intelligenze Artificiali si formano e ricercano le nuove informazioni. La SEO sarà importante nella misura in cui riuscirà a rendere l’accesso alle informazioni più strutturato, quindi usabile in modelli elaborati al di fuori dal sito stesso di pubblicazione.

Ma non basterà.

Le AI si formeranno (e in parte già lo fanno), tramite le interazioni con gli utenti che le interrogano. Ci sarà quindi, nella fase di apprendimento (che diventerà però continuo, una sorta di Lifelong Learning), l’opportunità per indirizzare l’AI verso i contenuti che si vorrebbe essa (lei?) conoscesse, al fine di poterli poi fornire ad altri utenti.

AIO - Artificial Intelligence OptimizationDa SEO ad AIO (Artificial Intelligence Optimization)

Si passerà quindi da una Search Engine Optimization ad una più complessa Artificial Intelligence Optimization, che richiederà meccanismi di interazione col Machine Learning od oggi non noti. Ci saranno da superare mille blocchi creati dagli sviluppatori, ci saranno da scoprire le centinaia di variabili che pesano e che aprono le finestre di apprendimento, i comandi trigger per far scattare la memorizzazione di una certa risposta, ci saranno da fare milioni di conversazioni pilotate… Ma se la storia della SEO ci ha insegnato una cosa è che non esiste algoritmo che i SEO Specialist più bravi non siano in grado di sfruttare per posizionare i contenuti dei propri clienti.

Sarà più difficile, certo, ma si potrà fare. E, magari, ci sarà una specifica AI ad aiutarci.

26 aprile 2022

Retrospettiva professionale. 40 anni dopo.

Mi sono sempre piaciuti i computer, fin dai 6 anni; li usavo quasi sempre solo per scrivere. Cosa che avrei potuto fare a mano, su carta. Ma l’idea di salvare gli scritti su un floppy disk mi dava l’impressione di consegnare quelle righe al futuro, ai posteri.

Quello che mi piaceva quindi era la comunicazione, più che i computer, e ci ho messo un po’ a capirlo.

Quando ho iniziato a lavorare in un’Agenzia di Comunicazione, mi è stato affidato il neonato reparto Web Marketing. Era il 2009, Google era il nuovo Microsoft e Facebook si apprestava ad essere il prossimo Google.


Tutto quello che nasceva in quegli anni è diventato lo standard per un nuovo tipo di comunicazione, fatta con precisione, sfruttando i dati, con metodo scientifico. Ma ho sempre unito della “poesia” alle strategie di Web Marketing, perché alla fine il messaggio diffuso deve fare presa sulle persone. E le persone amano la poesia, amano le storie, amano le relazioni.

Tutto ciò è stato poi codificato in regole precise di Comunicazione e Marketing, si iniziò a parlare di “storytelling”, di “purpose”, il Cluetrain Manifesto diventò una moda, insomma, il mercato della comunicazione riuscì a svilire quel poco di magia che avevamo riscoperto nel fare il nostro lavoro.

Le Web Agency stavano diventando delle fabbriche e quanti ci lavoravano erano i nuovi operai sfruttati per fare profitti. Si lavorava sulla quantità e la qualità non era più perseguibile. Perché per fare della poesia a volte hai bisogno di stare in silenzio davanti ad un foglio bianco. Ma se quel foglio è un file Word, vieni bersagliato da decine di notifiche sul desktop, e-mail, alert dalle campagne Facebook e Google, messaggi nella chat aziendale…

Nel 2012 quindi mi licenzio e fondo il Network di consulenza GESTA, con un’idea molto semplice: volevo aiutare le aziende e le persone, attraverso le strategie di Marketing e Comunicazione, a realizzarsi. A trovare il loro posto nel mercato. Che al tempo pensavo significasse trovare il proprio posto nel mondo.
Il payoff scelto per descrivere il mio approccio era cloud consulting, perché mi immaginavo dei professionisti sempre disponibili per ogni esigenza del progetto e del cliente: una “presenza a distanza”. I consulenti GESTA erano quindi in grado di seguire il cliente in ogni parte del mondo, con le nuove tecnologie e un set di strumenti digitali che appunto risiedevano nell’allora nascente “cloud”.
Con i recenti scenari pandemici questo modo di lavorare è diventato comune a molte realtà aziendali, ma dieci anni fa non era scontato.
Il cloud consulting rimane comunque tutt’oggi più una forma mentis che una modalità di lavoro: significa esserci per il cliente, quando ne ha bisogno, sempre.

È una scelta difficile da fare per i freelance del 2022, che spesso decidono di esercitare la libera professione per “sentirsi liberi”, avere i propri spazi e decidere della propria vita senza ingerenze esterne. Quindi figurarsi se rispondono al telefono quando il cliente chiama la sera e nel weekend, o se ti chiede qualcosa in più di quanto scritto sull’incarico di progetto.

Io invece ho capito che la vera libertà nasce dalla consapevolezza interiore, dal capire e accettare la propria “mission”. Nel mio caso questa consapevolezza mi ha portato ad abbracciare totalmente gli obiettivi dei miei clienti. Ovviamente i clienti me li scelgo e dico molti No, quando non sono disposto a dedicarmi al 100% ai loro progetti. Ma una volta “sposato” il progetto, ci sono sempre e chiedo la stessa dedizione ai miei collaboratori.

Dal lontano 2012 ad oggi ho fatto molte e interessanti esperienze di lavoro, in diverse aziende e diversi settori, acquisendo non solo competenze tecniche ma anche più consapevolezza su quale sia la mia missione: aiutare gli altri (e i brand), con le mie competenze, non solo a “comunicare chi sono”, ma soprattutto a scoprire (o progettare) chi sono.
Si parte da un obiettivo di fatturato e si arriva ad un obiettivo esistenziale. Mica poco. E non per tutti.

Nel 2020 decido quindi di dedicarmi esclusivamente allo sviluppo del Network e alla formazione di nuovi consulenti, nonché alla formalizzazione del Metodo GESTA, basato sui livelli logici di Robert Dilts, per la progettazione delle Strategie Marketing.

Il Network oggi aggrega oltre 30 professionisti senior che vogliono lavorare con qualità e che si concentrano sulle esigenze del cliente con dedizione assoluta. La nostra promessa è che siamo “Business Partner”, ovvero siamo ingaggiati e fortemente motivati a conseguire il nostro successo attraverso il successo del nostro cliente. Generalmente non accettiamo il lavoro se non siamo ragionevolmente sicuri di poter portare un valore concreto al cliente, preferibilmente in termini di aumento dell’EBITDA.

Oggi sono dove volevo essere a livello professionale e provo gratitudine per questo.
Ma quando penso a quegli scritti infantili persi per sempre, perché affidati a dei floppy disk (che con grande sforzo tecnologico ho provato ad aprire decenni dopo, senza successo), dico a me stesso: tutto è cambiamento e sicuramente GESTA di domani sarà qualcosa di diverso da quello che è oggi.

E, infine, a quarant’anni, ho capito che a volte è meglio poco inchiostro su carta che migliaia di gigabyte nel cloud.

Luca Martino

 

 

30 gennaio 2022

Linee e colori (e cosa sa c'è dietro quello che non vediamo)

Oggi ci sarebbe da parlare di politica, della recente rielezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di come Matteo Renzi abbia giocato magistralmente, facendo naufragare i tentativi di Salvini di proporre un candidato, di come sia finito nella rete dell'abile stratega anche Conte, di come si siano create spaccature insanibili nella Destra e fra i 5 Stelle nel vano tentativo di intestarsi il merito di aver individuato il nome giusto per il nuovo Presidente.

Invece oggi si parla di tutt'altro, ovvero del mio primo test sugli NFT (Non-Fungible Token). Questa che segue è "l'opera"😄, fatta il 24.01.2021 per testare la sensibilità dalla mia Workstation Lenovo con schermo tattile, utilizzando la pressione incremenetale della digital pen. Il disegno è stato reso unico con la tecnologia della blockchain ed è su OpenSea.


Il nome del disegno è un banalissimo "Linee e Colori", anche se ambisce a rivelare un significato non banale: dietro le trame intricate e i colori in contrasto, si cela armonia ed equlibrio.

Quegli stessi che l'Italia ha ritrovato a fatica, chissà per quanto.

19 agosto 2021

Endorsement a Carlo Calenda, l'unico Sindaco di Roma che vorrei sul serio.

Ho conosciuto Carlo Calenda nel febbraio del 2019, al Congresso di Volt Italia a Firenze.

Lo stimavo già da tempo per la sua attività come Ministro dello Sviluppo Economico, ma averlo sentito parlare in quella occasione, col suo fare pragmatico, sia sul palco che dietro le quinte, mi ha confermato la sua levatura come uomo e come politico.


L'ho coinvolto in seguito nell'approfondire la teoria della Liquidità Distribuita, l'unica politica monetaria in grado di stabilizzare sistemi economici complessi senza sperequazioni e con un meccanismo anticiclico a prova di inflazione.

Carlo è una persona capace. È uno che non si vota per appartenenza, ma per competenza. Questo è sia il suo grande limite (nei confronti del candidato del PD, come di M5S e Centro Destra), sia il suo punto di forza. Dobbiamo solo sperare che i cittadini di Roma siano sufficientemente competenti da riconoscere la competenza.

Da mesi porto avanti la mia campagna personale di endorsement a Carlo Calenda, per le elezioni comunali a Roma che si terranno ad inizio ottobre 2021. Mediamente 2 persone su 3 fra i miei amici e parenti residenti a Roma sono già orientanti per il voto a Calenda. Ma questo è solo un segno che ho buone amicizie e una splendida famiglia.

Come andranno le elezioni dipende da una cosa sola: i cittadini romani voteranno "sul serio" o per "partito preso"?

Roma, sul serio: Carlo Calenda sindaco

C'è un solo voto serio a mio avviso per le comunali 2021 di Roma, ed è quello a Carlo Calenda: dimostrerà l'ennesimo fallimento dei partiti tradizionali, ma traccerà una nuova strada per la Politica fatta di competenza e partecipazione.


9 aprile 2021

Buon viaggio Filippo, al prossimo gin

La vita è un'avventura fantastica.

Di questa avventura fantastica, a volte, ci dimentichiamo di coglierne la magia. Come la magia delle coincidenze, delle sincronicità che ci fanno apprezzare un momento, degli incastri tra vite lontane che per un frangente si incontrano.

Accadde a noi Filippo, poco meno di 15 anni fa.


Nel 2006 fui scelto per servirti un tè nella Old Library del Gonville & Caius College , in occasione della cerimonia in cui conferisti la laurea honoris causa al Primo Ministro indiano, Manmonah Singh.

Ho raccontato di noi alle mie figlie, quando con me hanno visto la serie The Crown su Netflix e si sono appassionate alla Famiglia Reale inglese.
Perché un padre non può mancare di apparire agli occhi delle proprie figlie come "l'eroe" che ha incontrato il Principe Filippo, marito della Regina Elisabetta. Loro che sognano di principi e regine ogni giorno.
A dire il vero, il mio onesto racconto non ha mai ingigantito il ruolo di mero cameriere che ebbi, ma ha sortito comunque l'effetto sperato, che posso sinteticamente riassumere col concetto: il Principe Azzurro esiste, e io l'ho conosciuto.
Avrò quindi il sacrosanto diritto di porre un veto su qualsiasi pretendente che non possa vantare il tuo lignaggio. E, credimi, con quattro bellissime figlie è il massimo potere cui un padre possa aspirare.

In queste settimane progettavamo di scriverti una lettera di auguri per i tuoi 100 anni, perché, sebben solo "guardian degli orti", le nostre vite si sono incontrate per pochi minuti, ed era mia intenzione trasmettere alle bambine "la magia" di questi incontri nella Vita.

Quella lettera rimane incompiuta, come il tè che non ricordo accettasti. Si diceva preferissi il gin, ma, se ti ha fatto arrivare a quasi 100 anni, allora che gin sia.

Buona Vita, Filippo. Che il mio splendido ricordo di quell'incontro possa valerti come moneta da dare a Caronte.


"... e vissi in Menfi un tempo, e ne la reggia fra i ministri del re fui posto anch'io, e benché fossi guardian de gli orti vidi e conobbi pur LE GIUSTE corti."



2 febbraio 2021

Grazie Renzi. Hai fatto esattamente ciò che avrei fatto io se ne avessi avuto la possibilità e la responsabilità. Punto.

Stasera torno dal lavoro alle 20.15, dopo un'ora di macchina, ed essendomi perso i titoli del telegiornale delle 20.30, provo a capire con lo zapping come si sta chiudendo la "parentesi Fico". Sono giorni che, a causa di impegni lavorativi h12, apro una finestra sulla crisi politica italiana solo dalle 20.00 alle 20.30. Più qualche messaggio WhatsApp la mattina presto o la sera tardi a Carlo Calenda, ma questa è un'altra storia.

In macchina la sera ascolto solo La Zanzara, su Radio 24. Non per sadico divertimento, beninteso, ma per ricordami in che Paese vivo, e per studiare, quasi con un interesse antropologico, "l'altro elettore". Sapere cosa pensa chi vota Salvini, Fratelli D'Italia e M5S (a proposito, grazie David Parenzo per il tuo puntuale sondaggio) mi aiuta a tenere le distanze dalla politica: sono troppo "radical chic" per considerare anche solo lontanamente di dovermi confrontare con un certo tipo di pensiero (o totale assenza di pensiero).
Diciamo però che quella trasmissione radiofonica così "trash" mi tiene sempre acceso il desiderio di evitare che questo Paese vada in mano a chi non sa e non può governare per carenza di neuroni. Quindi è utile.

Ma veniamo al punto, arrivo a casa senza nemmeno radiogiornale, e non so se Renzi ce l'ha fatta.

Ovviamente io non ho mai dubitato che quel genio della politica che è Matteo Renzi ce la facesse. Però aveva tutta l'informazione contro, tutti che dicevano fosse un gioco di poltrone, che era una mossa incomprensibile, che saremmo arrivati ad un Governo Conte Ter, che era un irresponsabile vista la pandemia da COVID, insomma tutti, ma proprio tutti, sembravano non averlo capito.

Io invece fin dalla prima mossa della sfiducia al Governo Conte, speravo in Draghi. Ma ci voleva un po' di teatrino, le solite prassi istituzionali, qualche giro a vuoto, per arrivare al punto.
E il punto è uno solo: il Recovery Plan è una sfida enorme e un politico responsabile non poteva farla giocare a degli incompetenti.

Ecco quindi che, al telegiornale delle 20.30, finalmente capisco che è tutto vero. Aspetto il discorso di Matterella, solo per conferma e per far respirare alle bambine "la solennità" di certi passaggi istituzionali. Affinché capiscano che è un momento cruciale per il loro destino.
Ascoltiamo il Presidente tutti insieme.

Il suo è uno dei discorsi più chiari che gli abbia mai sentito pronunciare, un capolavoro di Programmazione Neuro Linguistica: indica le due strade che ha davanti e parla a lungo, e male, solo della seconda (le elezioni).

Quindi è fatta. Confermo alle bambine che c'è una speranza, adesso, e che i circa 44.000€ di debito che già hanno sulle spalle, saranno forse più lievi da sopportare.

Il Recovery Plan è in larga parte altro debito e se non viene gestito da persone competenti, porterà le future generazioni sul lastrico. Il patto generazionale si è rotto da tempo, ma chi ne paga le conseguenze sono solo i più giovani. Per dare una stima a spanne: per ogni euro di interessi da pagare per debito generato da parte dell’ottantenne di oggi, il 56enne ne deve pagare 10; cifra che sale a 100 per il 15enne, mentre per chi è nato nel 2017 la proporzione sale a mille (fonte ilSole24ore).

Io ho 3 figlie nate nel 2010, 2013, 2016 e un'altra in arrivo nel 2021. Come avrei potuto sopportare che la più grande somma di denaro a disposizione dell'Italia per investimenti produttivi fosse sperperata in spesa improduttiva? 

E qui veniamo ad un altro tema. Per un recente progetto di consulenza marketing, ho fatto 9 versioni di un Marketing Plan da meno di 100.000€, condividendolo con il board in decine di riunioni prima di arrivare alla versione definitiva e all'approvazione. Con che senso di responsabilità Italia Viva doveva avallare uno straccio di bozza di Recovery Plan da più di 200.000.000.000€ scritto male e senza avere idea di che ipoteca stavano aprendo a spese dei più giovani??

Ecco, se io fossi stato al posto di Renzi, avrei fatto lo stesso.
Avrei fatto di tutto per far sì che ogni euro di debito sulle spalle delle mie 4 figlie fosse investito in modo produttivo, per dare a loro nuove opportunità, anche solo per ripagarlo quel debito.

Avrei fatto di tutto per togliere il Recovery Plan dalle mani del Governo Conte, anche solo per mettere un economista al posto di un avvocato.

Se poi quell'economista è Mario Draghi, allora tanto meglio.

Non sono più un simpatizzante di Renzi da tempo, e non gli ho risparmiato critiche, anche su questo blog, su come ha gestito la riforma costituzionale cosiddetta Renzi-Boschi. Ma quando fa la cosa giusta, glielo devo riconoscere. Ne va della mia onestà intellettuale.

Non ho risparmiato critiche anche a Mario Draghi, ma semplicemente perché ai miei occhi diceva delle ovvietà. Più o meno le stesse che ho scritto prima sul debito e sul rapporto intergenerazionale.
Ma almeno lui le ha chiare, quelle ovvietà.
Casalino no. Conte no. Di Maio no. Nemmeno Zingaretti per quello che posso capire dalle sue azioni e inazioni.
E questo è il punto.




10 ottobre 2020

Il Dilemma Sociale: seguire o non seguire? Follow or Unfollow? E soprattutto: basta dire "io l'avevo detto"?

Un caro amico, che sa qual è il mio lavoro, mi ha suggerito di vedere il documentario "The Social Dilemma" su Netflix.


L'ho visto, e non ci ho trovato nulla che già non sapessi. Anzi, proprio la conoscenza di quegli algoritmi incriminati di cui si parla nel documentario è alla base di gran parte del mio successo professionale.

Però la visione del film, che consiglio a tutti, ha prodotto in me un altro tipo di "dilemma".
Usare una tecnologia sbagliata, avendo il controllo del fine ultimo, è giusto? Oppure, proprio perché si riconosce che il mezzo è intrinsecamente sbagliato, bisogna rinunciarvi?

SEGUIRE O NON SEGUIRE? 

Follow
e Unfollow sono termini che ormai attribuiamo non a dinamiche sociali, ma ad azioni progettate per i Social Network. Eppure, è tutto lì il perimetro della scelta dell'individuo: schierarsi.

Io ho creduto, per anni, di essermi sufficientemente "schierato".

Nel lontano 2011 teorizzavo l'influenza dei progressi del Web sulla società civile:
"Cos'è il Web 3.0"

Nel 2012 scrivevo che la perdita dell'oggettività nei risultati di ricerca era un problema:
"Confessioni di un SEO Specialist pentito"

Nel 2013 scrivevo che il monopolista delle ricerche sul Web era poco trasparente e perseguiva, con le proprie politiche aziendali, meramente il profitto:
"Google, don't be evil... togli il Not Provided e ridacci la Long Tail"

Nel 2014 scrivevo che non si possono lasciare scelte di carattere globale ai tecnocrati, ma ci vogliono umanisti e filosofi per indirizzare il progresso tecnologico:
"I nuovi domini, la vecchia SEO... e perché ci vorrebbero dei filosofi che si occupassero di standard ed Information Technology"

Non mi sono limitato a scrivere su questo blog. In un tavolo di lavoro alla Leopolda 5, proposi all'allora Sottosegretario di Stato del Ministero dello Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni nel governo Renzi, Antonello Giacomelli, di fare un intervento legislativo per le scuole dell'obbligo sulla "formazione all'uso del Web e dei Social Media". L'obiettivo era formare le giovani generazioni sui funzionamenti degli algoritmi dei colossi dell'economia digitale, spiegare che non restituiscono una verità oggettiva, ma solo quello che è funzionale ai loro obiettivi di business.

Un tempo ci insegnavano a sfogliare l'enciclopedia, ora nessuno spiega ai giovani che fare una ricerca sul Web o sui Social Media segue logiche completamente diverse dalla restituzione di risultati che hanno a che fare con "la verità".

Sono tutti temi che troverete nel recente documentario di Netflix. 

E, anche se ho sollevato tali problemi etici con molti anni di anticipo rispetto alla "sensibilità pubblica", non mi sento esente da colpe: li ho denunciati, ma ho continuato ad usare la loro tecnologia, tecnologia che ha prodotto "mostri", come Trump e i terrapiattisti.
Certo, con fini opposti, spesso nobili, o comunque eticamente affini al mio sentire. Ma siamo ancora una volta di fronte al dilemma: la mia etica può decidere cosa è giusto o sbagliato per altri individui, per altre sensibilità? Oppure la conoscenza di certi strumenti tecnologici mi consente di manipolarli?
Il problema è, oggi più che mai, che il mezzo che veicola la comunicazione non è neutro.

La mia più grande frustrazione è che non mi basta più dire "io l'avevo detto".
Vorrei aver saputo scegliere una terza via.

20 agosto 2020

Droga, Drughi e Draghi

Non bisogna essere un drago per capire e sottoscrivere quello che ha detto Mario Draghi al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini il 18.08.2020. Nella sostanza un discorso bello perché vero, forse anche sentito. Ma tardivo e quantomeno inutile, ora come ora.


Quello che mi sorprende è il clamore che il suo discorso ha avuto. Significa che in Italia la stragrande maggioranza della popolazione, giornalisti inclusi, è analfabeta rispetto a nozioni basiche di Economia Politica.

Viviamo in un Paese di Drughi (non nell'accezione di "tifosi della Juventus", ma di "nullafacenti fancazzisti" seguaci dello stile di vita del Grande Lebowski). Sono tutti pronti a darsi da fare per riscattare la lesa maestà di un tappeto, ma non fanno nulla per preservare le dinamiche che consentono la sopravvivenza socio-economica di uno Stato.

Di quale droga si fanno i nostri politici per emettere debito senza capire cosa significa sul lungo periodo??

Forse della droga del "consenso", quella roba che gli consentirà di essere rieletti alle prossime elezioni.

Permettetemi di spiegarvi quello che ti insegnano nelle primissime lezioni di Economia Politica: fare spesa pubblica emettendo debito è giusto e eticamente accettabile solo ed esclusivamente se quella spesa ha ricadute dirette sulle generazioni che ripagheranno il debito.

Treno a levitazione magnetica

Facciamo un esempio spicciolo, all'inverso: devo costruire una rete ferroviaria a levitazione magnetica ad altissima velocità e grande risparmio energetico, che richiederà 20-30 anni per essere attiva e funzionante; se la costruissi con i soldi delle tasse della popolazione lavoratrice di oggi, che probabilmente non la userà, o la userà per pochi anni, sarebbe ingiusto. In tal caso è giusto emettere debito pubblico, che sarà ripagato da chi beneficerà della lungimiranza di questi investimenti in infrastrutture.

Ma se si emette debito pubblico per pagare le pensioni a generazioni di privilegiati, se si emette debito pubblico per pagare i sussidi ai furbetti del cartellino e del Parlamento, che giustizia c'è in tale debito??

Provvedimenti come "Quota 100", esempio lampante di spesa improduttiva finanziata con emissione di debito, dovrebbero essere illegali in un Paese civile. 

Ecco, Draghi non ha fatto nient'altro che dire una serie di ovvietà. Sono sconvolto della risonanza che hanno avuto le sue parole, perché significa che pochi in questo ignorantissimo Paese conoscono i principi etici che ci sono dietro l'emissione di debito pubblico.
Se si lodano le sue parole è perché fino ad ora si è ricorso al debito con leggerezza e ingiustizia di fondo.

Ho già spiegato il ruolo dei giovani in un post metaforico che ripercorreva la storia economica dell'Italia.  

Essere giovani non può essere, oggi più che mai, solo una questione anagrafica: è una questione di parte. Chiunque può scegliere di stare dalla parte delle future generazioni, scegliendo, in politica ed economia, chi guarda sul lungo periodo e agisce non per tornaconto elettorale, ma secondo ideali di giustizia ed equità generazionale. 

26 aprile 2020

La Trincea Infinita


La sfida di questa quarantena l’ho persa. La consapevolezza di ciò ha un sapore amaro.

Dopo “appena” 38 anni di vita, mi sono fatto un’idea del perché sono venuto al mondo. Tra studi di filosofia, religione, Cabala, esoterismo, una qualche idea del senso della Vita me lo sono fatto: siamo qui a giocare un complesso gioco, nel quale siamo chiamati ad esprimere la versione migliore di noi.
Che è il modo di tornare all’Uno dal quale proveniamo, sentendoci parte, “essendo” parte del Tutto che ha giocato al gioco della Separazione, affinché potesse meritarsi la ricompensa dell’essere Uno. Dell’Essere.

Le difficoltà esterne, come questa emergenza da Coronavirus, accelerano le dinamiche della sfida e possono portarci agli estremi: diventare migliori o peggiori.

Ecco, io dopo più di 2 mesi di isolamento e 38 anni di gioco nel gioco della Vita, mi sono reso conto di aver perso. O di stare perdendo, se vogliamo essere ottimisti e sperare in un goal nei minuti di recupero.

Il motivo? Sinceramente non lo so.
Sicuramente n
on basta conoscere, o credere di conoscere, le regole del gioco, per andare a meta; serve allenamento, focus sull’obiettivo, determinazione e, soprattutto, essere disposti a perdere tutto.

Questa quarantena mi ha posto di fronte a scelte che mi si ripresentano da anni: quanto tempo dedicare al lavoro, quanto alla famiglia, per cosa lottare, cosa lasciar perdere, dove essere determinato, dove essere flessibile, a cosa rinunciare, a cosa puntare.
Noi scegliamo ogni singolo istante della nostra vita, e le scelte sono alla base del gioco.

In questa quarantena ho scelto di lavorare mediamente 14 ore al giorno (2-3 ore in più di quanto facevo prima), pur avendo 3 figlie a casa cui badare.
Ho scelto di dare loro l’attenzione e il tempo che si dà ad una call sbrigativa e sgradita, che ti capita in mezzo ad un serrato piano di lavori.
Ho scelto di ritirarmi “in trincea”, come ormai chiamo il mio angolo computer sul soppalco di casa, come gesto di resistenza estrema all’emergenza che ci vuole proni.
Ho scelto di resistere a modo mio, tuffandomi nel lavoro e dedicandomi ancora di più agli obiettivi dei miei clienti. Ma ogni notte fatico ad addormentarmi, nonostante l’ora tarda.

Ho scelto di lavorare e non fatturare, per essere solidale con chi è fermo per decreto. Ma ogni istante calcolo le probabilità di insoluti futuri e tremo all’idea che il mio ipotetico altruismo non sia mai riconosciuto.
Ho scelto, e scelgo ancora, di irritarmi se la casa non è gestita alla perfezione, se le bambine costruiscono barricate per ritagliarsi propri spazi franchi, che intralciano il mio prendermi cura di loro.
Ho scelto di non leggere, cosa che da sempre amo fare, perché mi sembra un lusso che non posso permettermi, quando c’è così tanto da fare.
Ho scelto di considerare mia moglie un nemico, un “altro da me” che non mi capisce e che non comprende l’importanza delle mie scelte. Ho scelto di vivere una vita parallela, in trincea, mentre lei combatte in campo aperto.
Ho scelto, e scelgo ancora, l’opposto di ciò in cui credo. E non mi capacito del perché.

Talvolta trovo qualche scusante, ma non ci credo davvero.
Una di queste scuse è che io sia una vittima, quando non ho saputo essere un eroe.


Ho visto un film, nei frangenti di tempo tra la fine del lavoro a computer e l’andata a letto, che ho trovato toccante per molti versi. Il film si chiama “La Trincea Infinita”, ed è ambientato ai tempi della guerra civile spagnola (1936-1939), che si trascina fino all’amnistia tre decenni dopo. Un film che, in questi tempi di quarantena, qualsiasi persona sposata, dotata di senso critico, dovrebbe vedere.
C’è il senso della privazione, c’è il senso dell’amore. E anche tutte le sfumature intermedie.

Mi è rimasto impresso un dialogo immaginario, avvenuto durante un sogno del protagonista (Higinio Blanco), tra lui e un soldato da egli ucciso:
Soldato: "Sei molto coraggioso. Tanto coraggioso da non esserti neanche tolto la vita. Credo tu sia stanco di sentirtelo dire, ma poche persone avrebbero sopportato questa cosa con la tua integrità."
Higinio: "Grazie."
Soldato: "Forse la paura che hai avuto non ti farà passare da eroe, ma ciò non toglie che tu sia stato una vittima."
Higinio, fra le lacrime: "Grazie."

Ecco, da perdente, da persona che non ha saputo perdonare, che non ha saputo scegliere la Luce, che non ha saputo essere migliore, rimane la scusante che forse la sfida che mi si è parata di fronte sia stata davvero troppo ardua per le mie forze.