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11 agosto 2013

Perché preferisco la montagna al mare

In questi giorni di salsedine e sabbia, sono arrivato a maturare la ferma convinzione che preferisco la montagna al mare.
Ed il motivo è presto detto.

Il mare è sporco, la montagna è pulita; il mare è volgare, la montagna è elegante.
Non mi riferisco a concetti di sporco/pulito e volgarità/eleganza in senso stretto, ma metaforico, più legato ai frequentatori delle località turistiche che ai luoghi stessi.


Innanzitutto il turista marino sceglie la meta della propria villeggiatura con criteri che non condivido. Per i più la bellezza naturalistica non è importante, l'importante è che il luogo sia affollato, dotato di vita notturna e possibilmente conosciuto, per potersi vantare opportunamente, al rientro dalle ferie, della propria abbronzatura. Per qualche ragione misteriosa, un'abbronzatura fatta a Rimini è più apprezzata di una fatta a Castel Volturno.

L'umanità che incroci al mare è rumorosa, sporca, perfino volgare nei gesti che compie.
I corpi al sole sanno di vanità e sudore, di ozio e crema abbronzante. Il gesto più nobile che puoi veder compiere ad un corpo al sole è leggere, ma la percentuale di libri diversi dal thriller commerciale e dal romanzo rosa è prossima allo zero (si noti che dalla statistica ho escluso La Settimana Enigmistica e rotocalchi vari, perché renderebbero ridicolo qualsiasi tentativo di scorgere aneliti culturali nei villeggianti).
Per il resto del tempo il corpo al sole parla, beve, mangia, suda, fuma, rumoreggia, ascolta musica di dubbio gusto, e spesso fa tutto questo insieme.

Il bagnante è sempre sporco, per quanto si sforzi di rimanere pulito. Non è solo la sabbia il problema, ma la stessa acqua di mare. La salsedine sulla pelle lascia un senso di appiccicaticcio che rende fastidioso qualsiasi movimento e concede al villeggiante l'alibi per lasciarsi andare a movimenti sgraziati, ad atteggiamenti poco eleganti.

Si badi che non c'è alcun giudizio di valore (sono anche io "un corpo al sole" in questi giorni), ma solo una mera constatazione di come il luogo influenzi il comportamento animale.

La montagna, invece, è l'opposto.
Il turista che preferisce la montagna, già nello scegliere la località, si concede lunghi momenti di riflessione, perché non vuole solo un luogo, cerca un'atmosfera. Quell'atmosfera che gli consentirà di elevarsi, di riposarsi ma insieme temprarsi, nello spirito e nel corpo.

Il villeggiante montano è elegante, qualsiasi cosa faccia. 
Quando intraprende un impervio sentiero alpino ha gli occhi fissi alla meta, ma è capace di godersi il percorso. Suda anche lui, ma non puzza. Ha uno scopo quel suo sudare, è la nobile fatica dell'ascesa.

Quando l'escursionista si concede un bagno in un limpido ruscello alpino, ne esce ristorato e pulito. La fredda acqua gli tonifica i muscoli e gli dona nuovo vigore per proseguire nella salita.
Quando mangia, il turista montano, lo fa con eleganza, parsimonia. Introduce le calorie necessarie al corpo, non una di più, perché ha dovuto scegliere con cura i pesi da mettere nel suo zaino.

Esattamente l'opposto di quanto accade a mare.
Quando mangia il copro al sole introduce molte più calorie di quelle che ha bruciato stando in ammollo nell'acqua, e lo fa con foga, quasi avesse paura di non riuscire a finire tutte le lasagne e panini e pizzette e bombe alla crema e gelati stivati nel suo frigorifero portatile o comperati al bar del lido.
Il mangiare per il villeggiante marino è l'attività principale, che ha una fitta pianificazione oraria: colazione, spuntino di metà mattina, pranzo, merenda, aperitivo, cena, dopocena, spaghettata di mezzanotte.

Per il villeggiante montano, invece, mangiare è un'attività marginale. Deve tener presenti gli orari dell'alba e del tramonto, i tempi di salita e discesa da una cima, deve evitare acquazzoni e subitanei cambiamenti del tempo, per cui il magiare diventa l'unica attività che non occorre pianificare, ma che esegue nei ritagli di tempo, magari in una breve pausa davanti un paesaggio mozzafiato. E si ferma per il paesaggio, non per mangiare.
Sarà anche per questo che il turista montano magia lentamente, con gusto ma senza foga, con una certa eleganza nei gesti e con tanta profondità nello sguardo volto al cielo e alle cime.

Guardate, invece, il bagnante mangiare. Osservatelo davvero, con l'occhio critico del documentarista che sta filmando una specie animale per scorgerne i tratti distintivi, guardatelo come se doveste scrivere un trattato di etologia.
Scoprirete che ha uno sguardo selvaggio nell'addentare quel panino farcito di salsiccia e formaggio o quel tramezzino al tonno. Lo vedrete in crisi se non riesce ad aprire la bottiglia di birra con l'accendino ed imprecare se gli cade una fetta di anguria nella sabbia, pur avendone diversi chili a disposizione nella borsa termica.
A sera, nel ristorante dell'hotel o in una trattoria sul lungomare, conserva quella fame insaziabile, caratteristica solo di chi oziato per tutta la giornata. Beve vino bianco ghiacciato, per questo ne beve tanto e non ne apprezza il gusto, suda mentre mangia anche se c'è l'aria condizionata ed è sempre pronto a criticare il piatto se le porzioni non sono generose.
Il villeggiante marino continua a bere cocktail ghiacciati per tutta la sera e gran parte della notte, per risultare il più simpatico della compagnia ed evitare silenzi imbarazzanti, che rivelerebbero il vuoto assoluto che ha generato la giornata a mare.

Il turista montano, invece, è controllato e distinto in ogni gesto del suo desinare. Anche a pranzo mangia "una colazione" al sacco, non un panino superfarcito. E la sera conserva il senso per il cibo che ha sperimentato nelle escursioni della giornata. Ne apprezza il potere ristoratore, dosa i bocconi, mangia con eleganza e si gode la stanchezza dei muscoli insieme al calore di un calice di vino rosso.
Se beve dopo cena una grappa o un amaro, è per ritrovarsi con se stesso ancora più in profondità, non per dire spiritosaggini ai compagni di tavola.
Il turista montano non teme il silenzio, anzi lo cerca.

Il turista marino si sveglia tardi col mal di testa per le orgie di cibo e futile socialità mondana della notte prima, sconta in spiaggia tale stanchezza cronica e cerca nel sole e nel chiacchiericcio una forma di consolazione al vuoto che sente dentro.

Il turista montano si sveglia presto e l'alba lo coglie già in marcia sui sentieri più belli. È riposato e sereno e cerca nella fatica dell'ascesa e nella bellezza dei paesaggi quel barlume di infinito che sa di avere dentro.

In definitiva in montagna cerchi (e spesso trovi) te stesso. Al mare cerchi gli altri per fuggire da te stesso. Ne consegue un'umanità nobile e pulita nel primo caso, corrotta e sgraziata nel secondo.

Sarà per questa distanza abissale tra mare e montagna che preferisco la seconda. Eppure, da tre anni, passo più giorni a mare che in montagna. Non per mia scelta, beninteso, è che dicono faccia bene ai bambini. E con due piccole da crescere, per giunta sempre col raffreddore, mi sento in dovere di essere anche io "un corpo al sole".
Ma, da esperto di marketing, nutro il sospetto che la storia dello iodio sia solo una bugia del mercato, per affollare le spiagge e tenere silenti e protette le cime delle montagne.