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11 giugno 2009

Commento

Avevo scritto un commento sulle passate elezioni, abbastanza amareggiato. L'avevo riletto più volte, e più volte riscritto. Ne avevo fatta una versione idealista, una pragmatica, ed una che era una collezione di parolacce più o meno velate. Ne ho scritta una la notte tra domenica e lunedì, mentre vedevo i risultati delle elezioni prendere forma nei salotti della politica televisiva, ne ho scritta una il lunedì pomeriggio, e poi un'altra ancora il martedì. Ma nessuna mi sembrava adeguata. In fondo volevo dire tante di quelle cose che avrei dovuto scrivere un trattato sul "sentimento di non appartenenza ad un popolo", avrei dovuto dissertare di politica, sociologia ed economia, ma poi l'amarezza sarebbe rimasta, immutabile, a ricordami che nessun post di nessun blog può creare opinione, nessuno può competere con i mezzi di distrazione di massa in mano all'Imperatore di turno. Di versione in versione, non riuscivo a decidermi su se e cosa scrivere; tutto era troppo poco, tutto mi appariva per certi versi inadeguato. In fondo anche fare chiarezza in me era difficile, capire se ero più dispiaciuto per la vincita del PDL, per la scarsa affluenza, o perché il PD non aveva avuto un buon risultato. Poi sono approdato ad una frase, ricordatami da mio fratello (che tra l'altro l'aveva anche scritta in un commento su questo blog), e che mai come in questo caso mi sembrava appropriata, capace di sintetizzare mille parole. Si trattava di un pensiero di John Stuart Mill, che alla fine ho fatto mio, ed ho deciso di scrivere come unico commento a queste Elezioni Europee:
«A lungo termine, il valore di uno Stato
è il valore degli individui che lo compongono.»