Quest'uomo oggi compie 90 anni.
E a me fa ancora paura.
Mi fa paura perché scorgo in lui la personificazione di un Male terribile, profondo, quello più oscuro e infido: il male che autogiustifica se stesso, sia ontologicamente che escatologicamente.
In nome ora di un interesse, ora di un altro, il nostro Paese è andato (e va tuttora) avanti a compromessi, perdendo così di vista completamente valori e principi basilari; primo fra tutti la giustizia.
Se tale personaggio è stato al potere per oltre mezzo secolo, non bisogna meravigliarsi che l'Italia versi nello stato disastroso in cui è.
Per spiegare in breve perché provi tanta avversità per questa figura, vorrei che vedeste questo passaggio del film "IL DIVO", di Paolo Sorrentino.
In sintesi, io sono per la Verità. Nessuno può ergersi oltre, con nessuna motivazione. Il rischio è un relativismo senza fine.
Spesso, i democristiani della prima e dell'ultima ora demonizzano tale determinato attaccamento alla giustizia. Ma io sono convinto che se Socrate bevve la cicuta, non lo fece perché era un integralista. Era semplicemente saggio. Capiva che disattendendo determinati principi (badate bene, non le leggi, che anzi riteneva ingiuste), avrebbe fatto crollare il sistema valoriale che era andato insegnando.
Caro Giulio, Giulio Andreotti, scrivo queste cose ora, ora che sei ancora vivo, perché (ammesso che io ti sopravviva) se le scrivessi alla tua morte, sarebbero le codarde parole di un blasfemo che se la prende con un martire.
E finché non sei né santo, né beato, le mie possono ancora apparire come le riflessioni ragionevoli di un disamorato della politica.