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11 febbraio 2014

I nuovi domini, la vecchia SEO... e perché ci vorrebbero dei filosofi che si occupassero di standard ed Information Technology (CAPITOLO 1)

Ieri ho seguito un seminario online sul rilascio dei nuovi domini. E ne sono uscito piuttosto turbato.

La liberalizzazione dei "generic top-level domain" (per capirsi, il suffisso che trovate dopo il punto nell'indirizzo di un sito web), ha infatti dato il via ad una nuova era nelle scelte dei naming di dominio, in cui il limite della caratterizzazione geografica (.it, .de, .eu, ecc.) o del settore economico (.com, .org, .gov, .net) viene definitivamente superato. Saranno infatti registrabili domini .app, .music, .auto, .tokyo, .bio, .fun, .game, .fashion e altri migliaia di nomi per ogni esigenza.

Occupandomi ormai anche di hosting con GESTA, volevo approfondire le opportunità di questa "apertura" rispetto agli standard a cui siamo stati abituati fino ad oggi, così da poter consigliare per il meglio quanti affrontano la delicata scelta del nome di dominio per il proprio sito web.
Ebbene, dopo il webinar, ho perfino rafforzato lo scetticismo che avevo rispetto l'argomento, fin dall'avvio di questa "rivoluzione" nel 2011 da parte dell'ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers).

Vi risparmio i dettagli tecnici su come si prenoti un dominio di nuovo tipo (comunque non semplici), e vengo al nodo della questione.
Chi di voi sarebbe disposto, oggi, subito, a cambiare mano con cui scrive?
Chi di voi sarebbe disposto, oggi, subito, a cambiare sistema operativo di PC o smartphone?
Chi di voi sarebbe disposto, oggi, subito, a cambiare marca di collutorio?

Con gradi diversi di convinzione e percentuali diverse di adesione, tutti voi, alle provocatorie domande di cui sopra, vi sarete sicuramente domandati: "Ma perché mai dovrei cambiare abitudini??".
In altre parole, ci deve essere una ragione per decidere di abbandonare uno standard. E deve essere una ragione tanto più convincente quanto minore è il tempo per attuare il cambiamento e pesante lo sforzo per abbandonare la vecchia abitudine. Chiedetelo agli anglosassoni, che continuano a guidare a sinistra, mentre il mondo intero guida in senso contrario. E, volendo, avrebbero avuto centinaia d'anni per adeguarsi.
Ed è questo il punto.

Il naming di domino, con le sue regole di composizione, è uno standard, un'abitudine familiare sul come trovare "cose" nel mare del Web. E l'uomo è un animale abitudinario, vive nella sicurezza degli standard. Windows è uno standard, Android è uno standard, la tastiera QWERTY con cui scrivo è uno standard (pessimo standard, tra l'altro, che ha curiose ragioni storiche per la sua affermazione).
Una cosa può anche essere scomoda da usare, ma devi avere ragioni sufficientemente forti per decidere di cambiare. Io ho decine di amici grafici che in 10 anni di professione hanno provato a convincermi che i Mac della Apple siano migliori dei PC equipaggiati da software Microsoft. Ed io potrei anche credergli (anzi, gli credo, senza condizionale). Ma perché dovrei cambiare?? Il disagio di dover riavviare una volta al mese il mio PC che si impalla (anche meno, ora che ho Windows 8) vale una curva di apprendimento di un paio di mesi in cui lavorerò dal 30% al 70% della mia abituale velocità, nonché una spesa circa doppia al cambio dell'hardware?
La riposta è no.

E qui siamo al punto. Ci sono ragioni/esigenze sufficientemente forti per imporre a miliardi di persone un nuovo standard nel naming dei domini? E soprattutto, di chi sono le ragioni/esigenze per introdurre il cambiamento? Di chi fornisce i domini, di chi i domini li registra o di chi navigherà fra quei domini?

La mia opinione è che:
  1. non c'è alcun vantaggio per l'utente web (anzi)
  2. ci sono vantaggi minimi per chi deve registrare un nuovo dominio di un nuovo sito web
  3. ci sono vantaggi reali solo per i provider di servizi di registrazione domini 
E poi c'è una categoria di individui, nei quali mi ascrivo, che maledirà per anni questa innovazione: i SEO specialist.

(CONTINUA...)